sabato 17 novembre 2007

OLTRE IL RECINTO


di Vincenzo Lombardo


Come può constatare ogni persona dotata di un senso critico anche soltanto elementare sono anni che una martellante campagna ideologica ha cercato di inculcare nel sentire comune l’idea che l’individuo e il mercato sono i perni attorno cui si sviluppano in modo “naturale” la storia di ognuno e dell’umanità. Credo che rimbombino ancora nelle orecchie gli slogans che a partire dagli anni 80 hanno stravolto l’esistenza dei singoli e della collettività. I più adulti ricordano: “Piccolo è bello”, “Meno stato più mercato”, “Privato è bello”, “Deregulation” etc. Ovviamente tutto ciò è stato accompagnato da una produzione legislativa che ha smantellato lentamente ma inesorabilmente tutte le conquiste dei decenni precedenti che poggiavano su un’idea di società fondata sul gruppo, anzi sulla classe, in cui i diritti dell’uno coincidevano con i diritti dell’altro, per cui scattava la molla della solidarietà e della cooperazione all’interno della classe. Erano tempi in cui si aveva la sensazione che i principi di liberté, egalité, fraternité valessero anche e soprattutto per i ceti subalterni e le classi lavoratrici. Erano tempi in cui il welfare di origine socialista non consentiva che singoli o gruppi di persone fossero lasciati nella disperazione e nella solitudine. Certo, poi ci sono state le degenerazioni messe in atto dalle classi dominanti che hanno utilizzato il welfare come strumento di voto di scambio e che hanno portato allo sfacelo delle finanze pubbliche. Ed allora, anche in coincidenza con la caduta del muro di Berlino e della conseguente affermazione del liberismo più sfrenato, è cominciata la caccia ai diritti dei lavoratori . E’ degli anni ’90 l’annuncio glorioso pronunciato con ghigno beffardo e sadico, appena mitigato nella sua crudeltà dal sovrastante baffetto tagliente, con il quale il premier del tempo,Massimo D’Alema, annunciava, tronfio, al mondo del lavoro: “ Il posto fisso è finito”. Io, che avevo davanti l‘immagine e il ricordo del discorso infuocato con cui il giovane D’Alema veniva acclamato segretario della FGCI al congresso di Bari del 1962, non potei fare a meno di gridare: Venduto!Difatti da allora è cominciato il calvario dei nuovi schiavi, come propriamente Beppe Grillo definisce i precari: I figli del posto fisso finito, il prodotto dolente delle leggi Treu e Maroni ( o più propriamente legge 30, e meno propriamente Legge Biagi), i figli della deregulation e del meno stato più mercato, della libertà dell’ impresa di assumere e licenziare, i figli del pensiero unico liberista in cui si ritrovano il sinistro D’Alema e il destro Maroni. Da lì e da allora è stato sancito che la classe lavoratrice non doveva esistere, che le lavoratrici e i lavoratori erano individui in competizione fra di loro per realizzare i progetti pensati dai padroni, pardon, datori di lavoro.Da lì e da allora è stato progettato un piano per rovesciare la storia. Al marxiano “Proletari di tutto il mondo unitevi” è stato difatti sostituito un più crudele “Capitalisti di tutto il mondo unitevi”. E’ così che la globalizzazione ha ammorbato il mondo, che le fusioni e le integrazioni fra imprese di tutto il pianeta tende a creare veri stati negli stati. I risultati di questa rivoluzione sono sotto gli occhi di tutti. Frammentazione dei ceti subalterni, impoverimento della maggioranza della popolazione, anche all’interno degli stessi stati capitalistici, crescita esponenziale della violenza e della insicurezza nel mondo, con il suo corredo di guerre e terrorismo, aumento delle spese militari e ripresa della corsa agli armamenti, aggressione feroce al pianeta, con lo sfruttamento sconsiderato delle risorse energetiche e con l’inquinamento.A fronte di questo quadro allarmante chiedo ai fratellini e alle sorelline di Gaetano di Bologna: Ha senso che ognuno di voi- o noi- resti chiuso nel suo recinto individuale, rimugini i propri pensieri in solitudine, mediti la propria rivoluzione individuale, sogni il proprio personale posto al sole o non è meglio unire i tanti deboli io per creare un noi in grado di contrastare le malvagità dei potenti e “the insolence of office”(Amleto)? Niente paura: non sto proponendo di prendere i Kalashinikof e sparare, ma, per Dio, almeno organizzare, o tentare di organizzare, una manifestazione di protesta contro il caro vita. A Natale, quando verrete, troverete il pane aumentato di quasi il 60% in appena 8 mesi. Infatti, circa 8 mesi fa esso costava €1,40 x kg(pezzatura da ½ kg e 1 kg). Oggi costa 2,20€ x kg . Questa è una iniqua tassa privata che colpisce pesantemente i ceti più deboli e le famiglie numerose. Che si tratti di una speculazione è fuori discussione. Infatti nello stesso periodo la pasta, anch’essa ricavata dal grano, è aumentata pure, ma di un 15-20%. Inoltre, come mai un panificatore di Frosinone, capoluogo di provincia, riesce a vendere il pane a 1€, invece dell’€1.80 di quella piazza? In ogni caso, €1,80 non €2,20.Inutile chiedere perché non ci diamo da fare qua. Per quello che capisco Raffadali è tutta una palude stagnante, un immenso centro senz’anima, prono al dio mercato e ossequioso verso i poteri: nessuno, mi pare, è disposto a disturbare il manovratore. Solo Bologna-non Cofferati!- può salvare Raffadali!Sulla storia del recinto tornerò per tentare di impostare un progetto politico .Salutoni

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