LA VANDEA CHIAMA, LA SICILIA RISPONDE
Vincenzo Lombardo per Ad Est on line
Come è noto la Vandea è una regione della Francia che durante la Rivoluzione francese ha ospitato ed organizzato una feroce reazione, anche militare, contro il moto liberatorio della rivoluzione. Come sempre le forze più retrive e reazionarie,fra cui la chiesa cattolica, si opponevano al moto di emancipazione che cominciava a soffiare sull’umanità dell’era contemporanea.Per molti aspetti, fatte le debite proporzioni, l’atteggiamento dei siciliani ricorda lo spirito conservatore vandeano.Intanto la conservazione sembra inscritta nel DNA della gente di Sicilia, caratterizzata da un atteggiamento individualistico spinto e dall’indifferenza. Se si scorrono una serie di massime e detti popolari ci si accorge che il futuro è visto con diffidenza, se non con terrore, e prevale una disarmante e sconfortante rassegnazione passiva. Ecco un breve campionario di tali detti. “Appenni i vertuli unni voli ‘u patruni” =( Appendi la bisaccia dove vuole il padrone), “Avanti picca godiri ca assà ntrimuliari”=( Meglio contentarsi del poco che rischiare per il molto), “Meglio diri chi sacciu ca chi sapia” =( Chi me lo fa fare rischiare), “ Quannu lu nicu si metti cu lu ranni a mala banna li vertuli appenni”= (Quando il piccolo-debole- osa contrastare il grande-potente- ha tutto da perdere), “Cu mi duna pani lu chiamu papà”= (chi mi da pane lo chiamo papà), “Attacca ‘u sceccu unni voli ‘u patruni” (lega l’asino dove vuole il padrone), “Cu lassa la strata vecchia pi la nova sapi chi lassa ma ‘un sapi chi trova” (Chi abbandona la strada vecchia per la nuova sa quello che lascia ma non sa cosa trova), “Cu di spranza campa dispiratu mori” ( Chi vive di speranza muore disperato), “Calati juncu ca passa la china” = (Calati giunco finché passa la piena), “Lu sceccu cci dissi a lu mulu: Semu nati pi dari lu culu”=( L’asino disse al mulo: Siamo nati per lavorare sodo), “Nantri scarsi nni yttamu pi li rami carricati”=(Noi poveri ci abbarbichiamo al potere) e via elencando di questo passo. E’ appena il caso di ricordare che le lingue non sono un insieme di parole da combinare secondo regole morfosintattiche prestabilite, ma sono principalmente l’espressione della civiltà di un popolo, dove per civiltà si intende il modo di vivere e pensare propri di quel popolo. Se a quei detti disperati e subalterni si aggiunge il fatto che la lingua siciliana non contiene nella sua struttura un tempo verbale per il futuro, ché, anzi, l’idea di futuro è espressa o col presente del verbo o col presente di avere più l’infinito di un verbo, del tipo “aiu ‘a ghiri, aiu a fari”-dove si legge un senso di pena e di angoscia legate all’idea futura- si giunge alla conclusione che paura del nuovo e del rischio, sudditanza, spirito di conservazione, opportunismo, trasformismo costituiscono le note dominati del carattere siciliano.La conferma storica di questo atteggiamento, per restare ai fatti politici più prossimi ai tempi nostri, si può rintracciare nel voto per la scelta fra repubblica e monarchia nel dopoguerra, nel voto politico delle elezioni nazionali e regionali dove ha sempre prevalso il blocco di potere conservatore costituito dall’aggregazione gerarchia ecclesiastica-DC ieri, UDC oggi + variante Forza Italia-potere mafioso. Non è mai successo che il popolo siciliano abbia osato sfidare le incognite del futuro puntando su forze nuove o diverse da quelle vecchie e conosciute. Restano ovviamente le fiammate di dignità che di tanto in tanto hanno illuminato il grigiore oppressivo della vita pubblica isolana. Come dimenticare le lotte dei contadini per il superamento del feudo e la distribuzione delle terre ai contadini, i sommovimenti della così detta società civile dopo le più eclatanti stragi di mafia, la passione civile dei tanti siciliani che hanno seguito con amore il percorso di riscatto di Rita Borsellino. Fiammate, però; fatti episodici, eccezionali, non norma. La norma, la normalità è l’altra. Quella che tende ad uniformarsi, a non disturbare il manovratore, ad abbarbicarsi a tutto ciò che è potere o da la sensazione di potere.Ultimi esempi di questo atteggiamento opportunista sono dati dagli esiti delle più recenti votazioni: referendum sindacale sull’accordo governo sindacati sul welfare ed elezioni per il PD: il primo ha registrato il 92% dei consensi al SI, contro una media nazionale dell’ 82%, il secondo un’adesione a Veltroni dell’82% , contro una media nazionale del 75%. Che significa tutto ciò? Niente di eclatante, se non la riconferma che “Nantri scarsi nni yttamu pi li rami carricati”. “Scarsi”, poveri, scarsi ,materialmente, o, metaforicamente, scarsi di dignità, scarsi di coraggio, scarsi di senso civico, scarsi di speranza “CU DI SPRANZA CAMPA DISPIRATU MORI”. Questa è la tragedia della nostra terra: essere abitata da un popolo di scarsi, disposti a sopportare e non osare, “nati pi ddari lu culu”, in tutti i sensi. Ho speso una vita sperando di potere cambiare lo stato di cose presenti in Sicilia, pensando che le nuove generazioni avrebbero dato la spinta sufficiente. Oggi debbo amaramente constatare che in Sicilia i giovani prima di essere tali sono siciliani, con il corredo genetico-culturale che caratterizza la maggioranza dei siciliani. Non oso più sperare. Forse è proprio vero che la Sicilia è irredimibile e che “cu nasci tunnu nun po’ muriri quatratu”. Se non sono un vinto definitivo sono un borderline. E sono io che ho bisogno di scintille vivificanti.
Vincenzo Lombardo
2 commenti:
Sul blog di S.Elisabetta http://www.selisabetta.blogspot.com/ vi è un post del 17 ottobre 2007 intitolato "Totò Cuffaro". Vi invito a dare un'okkiata alla discussione nata con un certo Anonimo /Nino (anch'io come Max sostengo sia un vostro compaesano. Nel leggere le sue parole ci si può fare una bella risata..sembra di leggere i proverbi elencati da Vincenzo Lombardo...
un bacio
Caro Vincenzo il tuo discorso è molto interessante e quasi perfetto dal punto di vista socio-antropologico. Un'unica discordanza: in Siciliano esistono due tipi di futuro. Il primo si esprime con il presente (come spesso facciamo in italiano)e il secondo come dici tu "aju'a' ..."
La costruzione del futuro con l'ausiliare avere + l'infinito del verbo principale, trae origine dal latino e si può trovare in molte lingue/dialetti che hanno subito l'influenza latina, quali quella Sarda, ecc...ma si può trovare anche nell' Inglese (I have to...). Non credo quindi che stesse a significare il nostro sentimento di pena. Troverei più che altro una connotazione di DOVERE. Questo "dovere" che forse adesso a noi siciliani pesa così tanto ma che un tempo ci ha reso una delle più importanti civiltà del mediterraneo.
Non ti deprimere però davanti a quella che ti sembra una società che va in rotoli...se ci deprimiamo tutti, avremo fatto il loro gioco... cè una nuova gioventù che invece sta venendo a galla e questo blog ne è la testimonianza... La nostra lingua,proprio riguardo al "futuro" ci incita a fare una cosa bellissima "abbiamo da costruire.." "dobbiamo costruire..." "am'a costruiri u nostru futuru" è un DOVERE da fare per realizzare qualcosa .Forse sarà difficile da portare a termine ma è possibile!
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