sabato 2 agosto 2008

Ri(E)voluzioni.

di Gaetano Alessi

Va da sè che ogni stimolo proveniente da Elle è di difficile percezione e sviluppo.
Penso che lei, conoscendomi nella maniera in cui mi ha conosciuto, creda che il tema della “Rivoluzione” sia di mia facile interpretazione.
Non è così.
Non per la sua vastità, ma per le implicazioni che ha nel quotidiano.
Ma proviamo a mettere in fila alcune idee e vediamo cosa esce.
Il tema della Rivoluzione oggi, a differenza di 40-50 anni fa, non trova applicazione in quel “cerchio della vita” che è diventata la cultura occidentale.
Non vi è più resistenza o opposizione in grado d’incrinare questa sfera.
I movimenti che negli ultimi anni hanno cercato di guerreggiare con “lo stato di cose presente” (vedi i No Global) sono stati, in un periodo relativamente breve, risucchiati e contaminati.
A riprova di quanto scritto, e per sancire il fallimento di una generazione, la mia (che in pratica ha visto cambiare solo se stessa) andate a vedere i ruoli (non proprio alternativi) in cui sono allocati i leader di quegli anni.
Il tema della Rivoluzione si è spostato da una topografia materiale allocata in luoghi simbolo sia geograficamente, come Sud America o Africa, o di sottobosco urbano, come fabbriche e campagne, in una battaglia del tutto interiore e molto più subdola.
In una “topografia morale” in cui ognuno combatte contro se stesso, per non omologarsi, non lasciarsi andare, non arrendersi.
Per trovare ogni giorno un motivo che spinga a difendere, con ostinata disperazione, l’ultimo centimetro di libertà rimasta.
Non è facile. I fantasmi interiori sono molto più pericolosi degli avversari politici.
Nel pantano creato dai propri dubbi, dagli amici di sempre visti morire o partire, dalle tue idee picconate da chi avevi, a costo di sangue e sudore, delegato a difendere, è facile non ritrovare più “il sol dell’avvenir”
In questo miasma infernale è quasi comprensibile lasciarsi andare.
La vita diventa un incedere poco elegante volto a ricercare, nel crepuscolo che ci circonda, un raggio di luce.
Molte volte occorre fermarsi, guardare dietro la siepe e chiedersi se nella propria storia personale ci sia quel tanto che basta per poter dire di aver vissuto.
Non ho le capacità, e tanto meno l’ardire, di giudicare la vita degli altri. Posso solo cercare, con sufficiente obiettività, di analizzare la mia.
Io cresciuto a pane e PCI. Io che ho visto le Frattocchie ammantate di rosso e l’anno dopo la falce e martello seppellita sotto una quercia.
Io cresciuto con le parole di Falcone e Borsellino nel cuore.
Io che ho sfidato le bombe della mafia per difendere negli anni difficili del processo a Brusca e Riina altri magistrati coraggiosi, per ritrovarmi Cuffaro e Lombardo al potere, Crisafulli in parlamento e Rita Borsellino relegata al ruolo di extra parlamentare.
Io Comunista abituato alla sconfitta e per questo sempre dalla parte degli sconfitti.
Io che non riesco più a gioire neanche delle piccole vittorie, continuando a ripetere alla fine di tutto: “Sugnu sulu stancu”.
Io che da alcuni anni a questa parte non riesco quasi più a sopportare la faccia che vedo nello specchio.
Io che per perseguire delle idee in cui credo mi ritrovo a scontrarmi col grande amore della mia vita e a guardare un cielo straniero mentre i pirati violentano non solo la mia terra ma, peggio, l’anima e la dignità della mia gente.
Io, che dovendo mettere sulla bilancia gioie e dolori, vittorie e sconfitte, avrei tutti i motivi per dire: ”Basta, mi fermo qui”.
Io sinceramente vi scrivo che sono orgoglioso delle mie “Rivoluzioni”. Di quello che ho scritto, di quello che ho fatto e con chi l’ho fatto.
Perché mentre il manganello può sostituire il dialogo le parole non perderanno mai il loro potere, perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e per chi vorrà ascoltare e leggere all’affermazione della verità.E la verità è: che c’è qualcosa di terribilmente marcio in questo paese.
Cedere all’idea che tutto sia finito, che le ideologie siano morte, e con loro la nostra dignità, è morire ogni giorno un poco. Io voglio vivere, non lasciarmi vivere.
Tornando indietro rifarei tutto. Perché la vita non ha un senso se hai paura di una bomba o di un fucile puntato. Se temi l’abbandono o la solitudine.
I miasmi della Topografia morale del “campo del vasaio” non appartengono a chi crede in qualcosa di più alto della sua stessa esistenza. In quell’ idea folle, ma nello stesso tempo esaltante, che dice: Gli uomini sono tutti uguali.

Pochi giorni fa ha visto un operaio, un uomo del popolo, veder laureare la figlia in medicina con 110 e lode.
Guardarlo stagliarsi tra medici e notai, vedere i suoi occhi onesti bagnati dalle piccole onde di quel grande mare interiore chiamato pianto, mi fa pensare che questa sua storia personale sia, in quest’era di nulla ammantato di niente, una lucciola nella notte della ragione.
Perché in un'epoca come quella in cui viviamo continuare a credere nella rivoluzione ha già di per se qualcosa di rivoluzionario.

Pezzo scritto per
http://unaltrarivoluzione.blogspot.com/

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Gaetano sono perfettamente d'accordo con te.In un'epoca del "nulla ammantato di niente" credere nella rivoluzione è già qualcosa di rivoluzionario.
Tanto più che oggi la rivoluzione è necessaria non per andare avanti ma per "non tornare indietro" o, ancora peggio, "per non tornare molto indietro".
Quella che pensavamo fosse una conquista per sempre ("la legge è uguale per tutti"), oggi è derisa, sbeffeggiata, annegata nel melmoso lago delle leggi ad personam, delle immunità ( meglio impunità ) delle alte cariche.
La cosa più triste ed inquietante è l'indifferenza nella quale tutto ciò avviene e si materealizza giorno dopo giorno, ora dopo ora.
Sottili meccanismi di manipolazioni mediatiche consentono al potere di disporre di noi a suo piacimento ed a suo compiacimento.
Tempi tristi, brutti segnali: militari nelle strade,impronte digitali per i rom,test del dna per gli immigrati,bocciature per il voto in condotta, grembiuli, divieto di interecettazioni,......
Sono queste le voci che arrivano dal palazzo e sono poche, pochissime le orecchie che avvertono il sinistro stridore di questi suoni.
E la sinistra?
Lei litiga, si divide e discute se sia meglio il salotto della piazza!
Attenzione, continuando così ci ritroveremo, quasi senza accorgene, senza salotto e senza piazza.
Ci ritroveremo.... senza, senza e basta, senza e ..più niente!
Michelangelo La Rocca

Anonimo ha detto...

siamo alle solite! questi signori non sono mai contenti!? adesso,oltre a gestire gli appalti pubblici a decidere chi deve lavorare, chi deve laurearsi, chi deve soffrire o guarire,decidono di cancellare un pezzo di storia che parla di libertà e speranza pagata con il sangue di un come noi.Noi! liberi e indipendenti dalle politiche clientelistiche e mafiose. vergogna