sabato 10 gennaio 2009

Freccia del Sud...storie d'ordinario degrado e di un popolo di picuruna..

di Gaetano Alessi

Il treno, il mitico treno. Mezzo di trasporto che ha segnato gli ultimi due secoli. Dai primi magici convogli a vapore, alle saette che sfrecciano in giro per l'Europa. Ma non solo mezzo di trasporto, ma luogo immaginario che ha ispirato poeti, cantanti e registi cinematografici. "Quel treno per Yuma" è stato un film culto. Racconta di grandi avventure tra lo stridio di ruote e lo sbuffare della locomotiva. Ma se volete provare grosso modo l'emozioni dei pionieri americani, non dovete fare tanta strada o abilitare la macchina del tempo.

Basta che vi rechiate ad Agrigento, Stazione Centrale, e che abbiate l'ardire di imbarcarvi sull'883 denominato "Freccia del Sud". Destinazione Milano. Dato che il periodo non consente ferie faremo il viaggio in modo "onirico" attraverso i nostri ricordi.Non più di tre mesi fa..in un paese non troppo lontano appena salito, come benvenuto, m' accoglie, come un pugno in un occhio, un cumulo di sporcizia. Un capo treno, ormai saturo alle lamentele, capendo, quasi per telepatia il mio pensiero, sconsolato mi comunica: "E' arrivato con tre ore di ritardo non abbiamo fatto in tempo a pulire". M' accomodo, su una poltrona dal colore indefinibile (un azzurrino pallido), e inizio una battaglia degna di un racconto greco contro acari e polvere varia. Dopo strenua lotta mi arrendo.Non vorrei che gli insettini chiamassero a rinforzo pulci e quant'altre schifezze. Appena partiti, con rumori degni da film western, immediatamente il treno perde nuovamente velocità.

"Aragona, stazione di Aragona" dice una voce gracchiante, e ancora gente ad assiepare il treno. Da lì in poi un accelerare e frenare degno di una metropolitana. Racalmuto, Canicattì, Caltanissetta Xirbi e Centrale, Enna, Dittaino, queste alcune delle fermate che gli occhi dello scriba, sempre più incredulo, riesce a memorizzare. Mi assopisco, quando, un sussulto maggiore ad un altro, mi risveglia. Fuori è buio, l'orologio indica le 22. Gli occhi scrutano alla ricerca del tabellone che indica la stazione. Sono passate più di cinque ore dalla partenza, il pensiero vola già allo "Stivale"...ad un tratto gli occhi si soffermano su una scritta che campeggia su uno sfondo blu: CATANIA!!!

Cinque ore per percorrere meno di 250 Km. Crollo sulla poltrona, tralasciando la nuova ondata di polvere degna di un'eruzione dell'Etna. Noto, sempre con meno stupore, che il treno va colmandosi. Emigranti, lavoratori fuori sede, militari, extracomunitari, tutti alla ricerca di un posto decente per continuare il viaggio. Un profumo "leggiadro" indica che è ora di cena. Formaggi forti, sarde e vino, il menù da viaggio di gente che finirà la sua corsa ben oltre le Alpi. Il signore al mio fianco mi offre un "bicchiere buono". "Ho la mia acqua" dico. La risposta è degna di un copione teatrale: "si domani ti lavi, ma ora bevi".

Ripartiamo quasi puntuali (un'ora di ritardo), nel mentre a rendere la Freccia più poderosa sono arrivate delle carrozze da Siracusa. Poco prima dell'una di notte arriviamo a Messina. Lì la locomotiva inizia un "trasi e nesci" (come direbbe Camilleri) degno di pellicole hard. "Il treno è troppo lungo, non ci entra tutto nel traghetto" sentenzia un viaggiatore di lungo corso. Morale della favola : un'ora e trenta per imbarcare e sbarcare il treno, mezzora per traghettare (alla faccia del ponte).

L'aria intanto si è riempita dell'odore degli arancini tutto olio venduti sul mitico ferryboat con il livello olfattivo ormai è andato a nascondersi in attesa di tempi migliori.

"Biglietto" grida, in piena oscurità, l' ultras vestito da capotreno (le luci funzionano ad intermittenza), e poi raccomanda: "E' notte, e passiamo da Salerno e Napoli, mi raccomando chiudete bene lo scompartimento. non vorrei che...". Ci lascia con un interrogativo da horror. Mi giro e vedo il viaggiatore di lungo corso togliersi la cintura e bloccare la porta. "Ma non c'è la Polfer sul treno..." domando, uno sguardo compassionevole è la esaustiva risposta.

Tre ore di ritardo e la notte passa tra il puzzo di sigarette, fumate senza alcuna paura dei divieti, e un ronzio costante di riscaldamenti che non vogliono funzionare. Nel mentre a Paola (paesino calabro) altra gente è andata a riempire il treno oltre le sue capacità. "E' sempre così pieno?" domando, "Sai - mi rispondono- siccome Trenitalia ha deciso di tagliare i costi di gestione, ha soppresso due giorni di corse così la gente è costretta ad ammassarsi come bestie".

Si arriva a Roma Tiburtina, sporchi, stanchi, infreddoliti e con ancora 180 minuti di ritardo. La gente comincia a scendere, intorpidita come se fosse reduce da una deportazione di massa. La tratta per Bologna ormai ci coglie nella più totale rassegnazione. I bagni ridotti ad un letamaio e i corridoi, degni di uno stadio dopo la partita, ormai sono divenuti familiari.
"Che ci vuoi fare", dice un capotreno ridendomi in faccia "questa è l'Italia". Allora capisco perché tutto va male. Scendo a Bologna, con la gente che mi guarda come se fossi un clochard.
Il treno finirà la sua "corsa" a Milano dove arriverà puntualmente.... con tre ore di ritardo. Anche questa volta sarà troppo tardi per pulirlo.

Qui finisce il nostro viaggio.

Non credete a quello che ho scritto? Pensate che in un paese civile questo non sia possibile? Credete che un'intera Isola non possa essere trattata come una fossa d'animali? Ritenete che sei milioni di siciliani non si ribellino a questo?

Allora non conoscete la scarsa considerazione della "Politica" italiana e dei siciliani per la Sicilia e i siciliani.

Poi se volete smentirmi..."provate per credere" (ma non credo che molti di voi lo faranno).

Buon viaggio...


http://www.articolo21.info/2796/editoriale/quel-treno-che-fuma-storie-di-ordinario-degrado.html

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Il tuo viaggio, ricorda il io nel lontano 1972, ma al contrario. Partita da Roma mi recavo a Palermo , su un treno carico di emigranti e vacanzieri, pieno come una scatola di sardine...gente seduta a terra, più o meno come i clandestini di oggi. Una vita per arrivare nell'isola, terrificanti attese per l'imbarco, rumori di ferraglia e poi....il traghetto. Viaggio snervante e lughissimo, ma vissuto con l'innocenza e la curiosità di una bambina di 10 anni a cui tutto sembrava una meraviglia, ma sufficiente a farmi intuire che uomini e bestie erano messe sullo stesso piano. A distanza di 36 anni vedo che non è cambiato poi molto. Più si scende dal centro italia e più si è vicini al terzo mondo,più si sale verso il nord e più ti sembra di essere in un altro continente....ma la gente è sempre la stessa. Come si emargina il diverso, si è sempre emarginato il sud,il fatto è che il nord è stato civilizzato dai meridionali, come l'America è stata fatta dagli Italiani, ma nessuno gliene riconosce il merito. Nadia Di Miceli

Anonimo ha detto...

Grande Gato, il pezzo sulla "Freccia del Sud" è fantastico, rende molto bene il degrado e la totale assenza di infrastrutture in una Regione, quale quella siciliana, ormai assuefatta, rassegnata e della quale ci si ricorda solo in campagna elettorale o forse neanche in quell'occasione. Per fortuna,le coscienze vengono smosse da giovani come te e pochi altri, ma non basta evidentemente. A me pare (potrò anche sbagliare) che proprio la rassegnazione ha fatto sì che non vi sia mai stata ribellione, la gente "sicula" è talmente abituata al clientelismo, al "facciamoci i fatti nostri", da non creare le condizioni - attraverso la ribellione massiva - per cambiare o modificare lo stato di fatto (vedasi ad esempio il plebiscito nei confronti di un partito quale Forza Italia). Mi chiedo, sinceramente, quando i siciliani si sentiranno "italiani"... o persone che hanno il diritto/dovere di chiedere ciò che rende "civile" un popolo.
Un abbraccio forte,
Caterina

enzino ha detto...

la frase che mi è venuta in mente leggendo l'articolo sta in una canzone di battiato:
....nel fango affonda lo stivale dei maiali,
me ne vergogno un poco, e mi fa male
vedere un uomo come un animale.....
povera patria

Anonimo ha detto...

IL TRENO DEL SOLE


Parti e ti fermi.
Poi riparti.
Con il tuo solito passo
ti dondoli sulle rotaie,
ignori quel che porti teco:
ansie e timori,
speranze e dolori.
Tu vai e non vai,
accarezzi il mare,
saluti le colline,
di noi non ti curi
e non ti importa punto
di cambiare passo.
Poi ti commuovi
e sali sulla nave,
e lei si vede,
bella e addormentata
come prima,
come sempre.
Tu lo sapevi
e non volevi
cambiare passo.
Poi ti fermi
per l'ultima volta:
è la mia terra
bella e splendente.
Noi lo sapevamo,
e non vedevamo
l'ora di arrivare!.

Michelangelo La Rocca

Anonimo ha detto...

Conosco bene questo treno, essendo stato il mio mezzo di trasporto preferito per recarmi da Ag a Ct a partire dal 1996 sino al 2002 circa...
PREFERITO? questo è un pazzo starete pensando...
La preferenza è subito spiegata...sono riuscito in questo modo a mettere a frutto le noiose domeniche pomeriggio, dedicandomi, per buona parte del tragitto, allo studio (all'epoca facevo Giurisprudenza.
Oggi sono un avvocato.
Non tutto il male viene per nuocere...

Anonimo ha detto...

E' una storia fin troppo vera, che riguarda un po' tutti i treni a lunga percorrenza dal Sud verso il Nord (e viceversa) in particolar modo in determinati periodi dell'anno (festività).
Ma oltre alla politica va denunciata anche una certa mentalità che a inciviltà (in questo caso politica e gestionale) risponde con altrettanta se non maggiore inciviltà (non credo che fumare quando è proibito sia la giusta forma di ribellione).
"E' l'Italia"? Forse sarebbe più corretto dire "sono certi Italiani"...