sabato 31 gennaio 2009

LA RELIGIONE CIVILE CHE MANCA ALL’ITALIA

di Giuseppe Maragliano

Ciao Gaetano con la solita incostanza, ho il piacere ogni tanto di scrivere o riportare delle notizie che ritengo utili evidenziare, sottolineare per il bene e il piacere di capire. Questo articolo è molto interessante perché fotografa bene il nostro status di italiani all’italiana.

Il giornalista Vito Mancuso scrive:

“Non mi risulta ci sia lingua al mondo che usi l’aggettivo della propria nazionalità per disegnare qualcosa di imperfetto e furbesco, come invece facciamo noi italiani dicendo “all’italiana”. C’è sfiducia verso l’Italia anzitutto da parte degli stessi Italiani. Già Macchiavelli nel 1513 diceva che in Italia non manca materia da introdurvi ogni forma. Il nostro problema non è la materia umana, che c’è è piuttosto la mancanza di forma su cui modellare l’esuberanza della materia. Il problema non è il valore dei singoli, ma l’armonia tra tanti singoli di valore. Si tratta per dirla, ancora in altro modo, di capire come mai l’Italia e ai primi posti quanto a pratica religiosa e lo sia anche per corruzione, evasione fiscale, criminalità organizzata e litigiosità della politica. Religione inteso anche come insieme di identificazione.

La corruzione lacera il legame sociale producendo un diffuso senso di sfiducia e sfilacciamento nel Paese e un’immagine negativa all’estero. Bisogna chiedersi come mai siamo così corrotti e corruttori? Probabilmente per mancanza all’interno della coscienza comune di un’idea superiore rispetto all’IO e ai suoi interessi.

I Danesi che risultano il popolo meno corrotto d’Europa, come singoli non penso siano moralmente migliori degli Italiani; penso piuttosto che essi condividano in misura molto maggiore la convinzione che vi sia qualcosa più importante del loro particulare . Questo qualcosa cui l’IO sa cedere il passo è la società: il singolo si comporta onestamente verso la società perché sente che essa è più importante di lui e perché al contempo vi si identifica, secondo la logica di dipendenza.

Viceversa in Italia i più ritengono che il singolo sia più importante della società e per il bene del singolo non si esita a depredare il bene comune della società.

Da qui il tipico male italiano che la furbizia, uso distorto dell’intelligenza. Il furbo è un intelligente che sbaglia mira, che non ha un oggetto adeguato su cui dirigere l’intelligenza, che non capisce il primato dell’oggettività e la dirige solo su di sé.

Al contrario chi sa usare davvero l’intelligenza capisce che la vita contiene valori più grandi del suo piccolo IO e di conseguenza vi si dedica. L’intelligente gravità attorno ad una stella, il furbo invece fa di se stesso la stella attorno a cui tutto deve ruotare; con l’ovvio risultato che un insieme intelligenti è in grado di creare un sistema, in questo caso non solare ma sociale, mentre un insieme di furbi è destinato semplicemente al caos e alla reciproca sopraffazione”.

*(estratto da un articolo del giornale Repubblica di Vito Mancuso 13 gennaio 2009)

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