martedì 17 febbraio 2009

Se non per speranza...per disperazione...

Strano.
Rivedere muri amici, ruvide scolature di gesso che si staccano da pareti gonfie d’acqua.
Che strano il mio paese immerso in un silenzio spettrale, in un sabato sera d’inizio febbraio.
Ma non mi sento alieno come l’ultima volta.
Forse perché si tende a diventare romantici abitando a Bologna ma tentando ancora di vivere a Raffadali.
Ma è strano percorrere vie e viuzze del “Canale”. Quelle trazzere arabe che portano alla strada statale che occupiamo chiamandola Piazza.
Già Via Nazionale che da un lato ti conduce verso Agrigento e dall’alto verso u “Vitanu” e poi a Palermo. La famosa “Corleonese Agrigentina”. Strada di traffico di droga e armi, di latitanti e famiglie, ma in cui non troverete una pattuglia dei Carabinieri neanche a pagarla oro. Tranne quella mitica del secondo ponte d’Alessandria della Rocca.
Non sono gironi infernali quelli che percorro, ma le facoltà percettive del mio pellegrinare sono disturbate solo dal ronzio di un televisore che non vuol saperne di arrestarsi tra le mura amiche e il rumore costante delle macchine, unica specie in via d’espansione in queste lande.
Che strano dicevo. Ho lasciato i ragazzi nel quel fortino di Via Marconi, ho detto che uscivo fuori per respirare, la mia asma ogni tanto si fa ancora sentire.
Una piccola bugia: in realtà avevo voglia di camminare da solo.
Io ho sempre amato le pietre, gli angoli ed i respiri della mia terra, quelle strade male illuminate ma che raccontano storie, se solo le si vuole sentire.
Mi piace attraversarle in silenzio.
Abbandonarmi tra le viuzze che salgono e scendono da Via Don Castrenze o quelle che dal Calvario portano al Municipio tra cicche spente giornali e lattine…..
Tutto racconta storie.
Dicono che queste vie siano brutte, ma anche i muri ingrigiti dei vicoli splendono sotto la luna.
I miei occhi vengono rapiti dai ricordi, dai volti d’amici, come me, dispersi nel mondo, e poi quelle costruzioni cosi nuove che stridono con case vecchie, antiche.
Radichi di paisi che ormai non hanno più linfa.
Ti chiedi chi vincerà: la voglia di resistere, lottare e rinnovarsi, o quella di vivacchiare, aspettando il crollo che prima o poi arriverà?
Ma il paese che mi parla è in fase di stasi.
Aspetta non si sa cosa.
Dopo aver cambiato padrone, probabilmente si sente più spaesato di prima.
Da lontano leggendo le cronache di Salvo Di Benedetto, tutto sembra vada bene. Tutti progetti attivi, abbracci, baci, cannoli, tutti felici. Ma gli occhi spesso regalano le verità che le parole non sanno raccontare.
La Casa di Riposo è morta con i balconi spalancati frutto di qualche nuovo ratto, la Chiesa Madre è uno schiaffo alla coscienza d’ogni laico, figurarsi per quelle dei “bacia pile” che sono al potere, la circonvallazione è una follia di cemento situata sotto un paese che crolla a valle e una parte di essa, quella che porta al ponte che abbraccia il palazzo ai “Manarisi”, è una discarica abusiva.
Il Villaggio è lì, che aspetta una classe politica degna di questo nome, anzi no, aspetta uomini e donne degne di questo nome.
Sul parcheggio sotterraneo non ho nulla da aggiungere a quello scritto da Alfonso Casà su Ad Est solo un appunto: se qualcuno riesce ad infastidirsi per quelle righe mi dona la conferma che la stupidità umana non ha mai limiti.
Gli ex articolisti bloccati a contratti di 21 ore che non vengono nemmeno ricevuti dal Sindaco (mi sa che devono aspettare un’altra tornata elettorale), l’agricoltura ormai affidata a quei (pochi) impiegati comunali figli della terra.
Nessun segno di fonti d’aggregazione. Nessuno. Solo comunicati stampa. Fate un gioco. Scorrete le pagine di www.agrigentonotizie.it leggete gli annunci, le pre inaugurazioni e poi incrociatele con quello che i vostri occhi vedono. Fatevi quattro risate ma non meravigliatevi se cinque minuti dopo vi viene voglia di partire.
Ma una Raffadali che vive c’è. Lo fa anche tramite il web, parla di storie che varrebbe la pena diventassero vita vissuta. Parla attraverso la rabbia di chi pur sentendosi deluso in cuor suo sà che la resa non è contemplata nel suo animo e nella sua vita.
Cosa si aspetta non lo so, penso che se quei trecento ragazzi che ogni sera fanno comunità su Facebook si ritrovassero in una stanza a discutere su cosa “fare” in questo piccolo lembo di terra chiamato Raffadali allora sarebbe in atto una piccola rivoluzione, piccola dico, ma capace di rendere decente un’intera esistenza.
In grado di far tremare dalle fondamenta un sistema di potere basato sul nulla.
Credetemi chi ci governa è “nuddru ammiscatu cu nenti”.
Se ne volete la conferma provate semplicemente a parlargli.
Seduto su una panchina che dal bastione di Piano Progresso si staglia verso il mare, io non mi rassegno.
Ateo da una vita, Credo nella mia gente. Non come cieco atto di FEDE, ma come tenace anelito di vita.
Sono convinto che siamo migliori di quanto sembriamo.
Sono certo che una reazione ci sarà e non sarà per speranza, ma per disperazione.

Gaetano "Gato" Alessi

4 commenti:

Marcella ha detto...

Gato non ho nulla da commentare, perkè rischierei di scrivere le stesse parole solo colorate diversamente...da una chiesa madre ankor più ingrata di portare quel nome, da una piazza che si chiama "chianu" e da altre storie distanti dalle vostre soli poki km...
la reazione ci sarà..chi per speranza e chi per disperazione!
Sempre con affetto
Marcella

Anonimo ha detto...

che dire... leggendo le tue parole pensavo che le potessi dire anch'io, magari con qualche piccola sfumatura diversa, ma le stesse sensazioni che tu descrivi le provo io ogni volta che vado a Raffadali o che neleggo le notizie da lontano..... ti ribadisco sempre la mia stima e ti confermo la mia presenza venerdì...
Claudio Lo Bosco

AndiamoAvanti ha detto...

è bello avere qualcuno che ti toglie le parole dalla bocca...bravo ci voleva...spero che queste poche righe arrivino a chi di competenza..chissà magari per suscitare qualcosa dentro di loro,,,non parole ma fatti

Anonimo ha detto...

NON POTEVI ESPRIMERE MEGLIO UN SENTIMENTO COSI' DIFFUSO
AMARAMENTE...COMPLIMENTI
ANNA