di Claudio Di Benedetto
Capita a volte di essere interiormente combattuti. Sentire il proprio animo che soffre perché sentimenti di diversa natura lo sconvolgono. Sensazioni di questo genere albergano al nostro interno con maggiore vigore quando la vita ci pone di fronte a situazioni che, in modo indipendente dalla nostra volontà, coinvolgono da vicino le persone che amiamo. Oggi purtroppo questo è il mio stato d'animo. In me ardono due sentimenti contrastanti che con forza cerco di coordinare. Da un lato una grande gioia, un senso profondo e sincero di gratitudine, per la forte volontà di un nutrito gruppo di giovani di commemorare ed onorare il ricordo di Vittoria Giunti, dall'altro una certa sensazione di disagio e di rammarico per le modalità con le quali, per motivi che francamente non comprendo, si sceglie di commemorare e ricordare una figura così importante. Credo sia evidente il senso di disagio che accompagna la scelta di scrivere queste poche righe. Il rischio di essere fraintesi è enorme. Ma bisogna sempre avere il coraggio di esprimere le proprie opinioni e di difenderle anche esponendosi alle possibili critiche. Cercherò quindi di enucleare brevemente le ragioni del mio disagio.
Ho registrato un pensiero comune tra tanti di coloro i quali hanno assistito sabato alla presentazione del libro. Perché si è scelto di far presentare un libro su una persona recentemente scomparsa unicamente a persone che, sostanzialmente, non l'avevano conosciuta in vita? Mi ha molto colpito la domanda del moderatore alla dirigente scolastica presente. Dopo che ella ha a lungo parlato della vita di Vittoria le ha chiesto se avesse conosciuto Vittoria. La risposta è stata inevitabilmente un “no” piuttosto imbarazzato.
Mi sono chiesto più volte in questi giorni se questo è stato un bene per Vittoria. La risposta, francamente è sempre stata la stessa. NO!
Un libro ci può comunicare molte cose, ci può permettere di intuire talune sfaccettature dell'animo di una persona. Ma può anche, talvolta, indurci in errore.
Cercherò di andare con ordine ma il vortice di sentimenti che muove le mie parole non mi aiuta.
Più volte i convenuti si sono soffermati su un aspetto che hanno ritenuto chiave. Quello della rinuncia. Hanno in questo modo perso di vista un elemento estremamente positivo della vita di Vittoria. Il saper scegliere. Il grande coraggio mostrato nello scegliere con determinazione una via e nel perseguirlo fino in fondo. Scegliere tra due vie comporta necessariamente una rinuncia ovviamente. Ma il sentimento sottostante è fondamentalmente diverso. La capacità di scelta ha in sé una connotazione positiva, la semplice rinuncia no. L'elemento positivo è quello di decidere in modo autonomo di “spendere” la sua preziosissima formazione intellettuale per il bene della nazione avviandosi alla vita politica. Dapprima, quando il momento storico lo richiese, partecipando al movimento di resistenza antifascista, poi, compiendo una nuova scelta, partecipando alla nascita di una nuova Sicilia. Per questo mi è parso davvero poco calzante l'esempio proposto dei giovani che abbandonano gli studi Universitari e che dovrebbero sentirsi rincuorati dalla storia di Vittoria. E mi ha colpito ancor di più riflettendo sul fatto che anche dopo essersi laureata Vittoria ha continuato ad investire gran parte del suo tempo nella sua stessa formazione. Totò, il marito con il quale ha condiviso gran parte della Vita e delle scelte, ha conseguito, negli anni terribili dell'oppressione fascista due lauree. La loro vita è un esempio chiaro di come lo studio, la formazione umana e professionale, siano elementi determinanti al fine di poter affermare in modo compiuto le proprie idee. Di poterle mettere al servizio degli altri. Ed è proprio il concetto di servizio ad essere illuminante per comprendere pienamente la vita e l'impegno politico di Vittoria.
Altro elemento chiave nella sua vita è stata la scelta di vivere in Sicilia e, quindi, di porre la Sicilia ed i siciliani al centro della sua azione politica. Anche questa non è stata una rinuncia. E' stata una scelta consapevole di servizio. Il suo animo, reso ancor più sensibile dalle lotte di resistenza, non ha potuto osservare con distacco la situazione in cui versava nel dopoguerra la popolazione siciliana. E' nato così, fortissimo, in Lei il bisogno di contribuire alla liberazione di quel popolo dai residui del feudalesimo e dall'arretratezza culturale. La sua non può e non deve essere considerata una rinuncia alla vita romana per seguire passivamente la vita del marito, elemento accennato durante la presentazione. Francamente nei vent'anni durante i quali ho avuto modo di trascorrere parte del mio tempo con lei non ricordo un solo evento nel quale lei abbia avuto un ruolo passivo. Un'ultimo cenno poi a quella che credo sia stata l'affermazione più infelice dell'intera serata. Quella che ha in qualche modo tentato di impostare un improbabile confronto tra Vittoria ed il suo amato Totò. Entrambi hanno vissuto anni incredibili da protagonisti. Ognuno dei due svolgendo in modo splendido il proprio ruolo. L'uno è stato funzionale al successo dell'altro. La loro vita è stata una vita vissuta in simbiosi. Due persone immense che vanno considerate come un tutt'uno. Le due parti di un'unica grande storia. Ogni confronto oltre ad essere inutile è a mio avviso pretestuoso ed offensivo. Vittoria avrebbe probabilmente adeguatamente redarguito quel simpatico interlocutore.
Spero fermamente che gli insegnamenti di Vittoria consentano ai lettori di accogliere nel modo migliore queste mie critiche. Critiche mosse dall'affetto e dal rammarico di non aver avuto la possibilità di ascoltare durante la presentazione le parole di chi Vittoria ha conosciuto e che magari con lei ha condiviso una parte di quel meraviglioso percorso, di non aver avuto la possibilità di assistere dopo la presentazione ad un sano dibattito con il paese.
Spero che dalle mie parole trapeli l'affetto che provo per Vittoria, l'immensa stima che provo per lei. Per questo ritengo sia utile condividere con tutti voi queste mie idee nella speranza che si possa porre parzialmente rimedio a talune storture nel corso dell'annunciata presentazione del libro a Santa Elisabetta. Che bello sarebbe avere la possibilità di ascoltare dalle donne di Raffadali, che hanno vissuto quei momenti, l'impressione percepita nel vedere l'impegno fattivo di una donna per il paese, per il benessere collettivo; di ascoltare membri del partito che con lei, fianco a fianco hanno discusso e combattuto; di ascoltare le emozioni ed i ricordi di uomini e donne di Santa Elisabetta che magari, ancora oggi, hanno il ricordo di quella prima sindacatura al femminile.
Come sarebbe bello. Spero sia possibile. Ma fin d'ora ringrazio tutti voi per il tempo e lo spazio dedicatomi e per il grande impegno profuso nel tentativo di perpetrare il ricordo di una figura così rilevante per Raffadali, per la Sicilia e per l'Italia. Sinceramente Grazie.
Con affetto
Nessun commento:
Posta un commento