lunedì 21 febbraio 2011

Un amaro compleanno

di Michelangelo La Rocca

Avrei voluto scrivere Buon compleanno Italia, ma non posso, so che è non vero.
Centocinquant’anni e non li dimostra, e non perché non abbia rughe, acciacchi, lividi e che lividi!
Non li dimostra per quanto appare divisa, disarticolata, disunita, i suoi figli non sono gli uni agli altri amici, dal Monte Bianco a Capo Passero, dalle Dolomiti a Caprera è lungo ed accidentato il suo cammino.
Mai si era vista una Nazione così divisa davanti alla celebrazione dell’anniversario, e divisa non nei suoi bar sport, ma addirittura all’interno del suo Governo.
Centocinquant’anni e non li dimostra, incerta sui suoi passi come un bambino di pochi mesi che muove i suoi primi, insicuri passi.
Massimo D’Azeglio,primo ministro del Regno di Sardegna dal 1849 al 1852, ebbe la capacità di intravedere da subito i limiti della riunificazione pronunciando la storica frase “Abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani" tanto che ancora oggi tale amara constatazione appare più che mai vera ed attuale.
Nell’approssimarsi del 17-3-2011 la situazione appare critica, addirittura drammatica.
Ha proprio ragione chi afferma che l’Italia è nata 150 anni fa ma siamo ancora in attesa dei decreti attuativi e chissà se e quando arriveranno mai, anzi c’è chi ( dall’interno del Governo della Repubblica) aspetta con frenetica ansia i decreti disfattisti!
Il pensiero corre al grande e profetico Poeta che secoli prima aveva previsto persino l’imprevedibile con quel "Ahi serva Italia, di dolore ostello,nave senza nocchiero in gran tempesta,non donna di provincie ma bordello!"
Per venire ai nostri giorni possiamo constatare come il meglio dei nostri cantautori abbia colto con poetica crudezza il dramma che da anni sta vivendo il nostro Paese.
Basta ascoltare le parole del grande Franco Battiato “Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere di gente infame, che non sa cos'è il pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno; e tutto gli appartiene” per capire quanto sia profonda e non facilmente rimarginabile la ferita. E poi: “Non cambierà, non cambierà ,no cambierà, forse cambierà”.
Che dire poi di Viva l’Italia di De Gregori?“L'Italia derubata e colpita al cuore, viva l'Italia, l'Italia che non muore. Viva l'Italia, presa a tradimento, l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento, l'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura, viva l'Italia, l'Italia che non ha paura.
Non resta che aggrapparci”all’Italia che non muore, alla’Italia che non ha paura” di De Gregori o all’Italia “che cambierà, forse cambierà “di Battiato.Ma ora siamo nel mezzo della notte scura e non si intravede l’alba di un nuovo giorno, di una nuova stagione.
E’ vero, ci sono stati le proteste degli studenti e delle eroiche, mitiche donne del “ se non ora, quando?”, ma è ancora poco, troppo poco.
Non è un caso che i timidi germi della speranza di nuova stagione provengano dalle forze nuove, dalle energie fresche e non compromesse del nostro Paese, ma ci vuole dell’altro.
Nemmeno il vento della libertà che arriva dal Nord Africa sembra scuotere le nostre coscienze, adagiate come sono sul grigiore procedere dei nostri giorni, testimoni assenti e distratti della libertà che muore , della democrazia all’ultimo, faticoso respiro, dell’etica sparita nel “bordello” di dantesca memoria.
All’orizzonte della nostra Repubblica si intravede il bavaglio all’informazione, una magistratura non più indipendente ma asservita al potere esecutivo, il dispiegarsi in tutta la sua nefasta potenza di una irrespirabile dittatura mediatica.
Se non ora quando? Ora, subito, adesso direbbe Corrado Guzzanti: e non è detto che, anche così, non sia tardi, troppo tardi!Ascoltiamo l’incitamento a svegliarci che l’immenso Benigni ci ha rivolto dal palco di San Remo: non c’è altro tempo da perdere!

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