Senti che bel vento, spira in tutta Italia, parla di solidarietà, di partecipazione, di beni comuni. Parla la lingua che per troppi anni abbiamo parlato in pochi, ed in solitudine, quando discutevamo di acqua come bene invendibile, di salute come diritto inalienabile e di solidarietà come collante tra cittadini e politica. Il vento del 2011 spazza via una destra rancorosa ed infame ed una parte del centro sinistra che, nella rincorsa al potere, ha abbandonato il suo popolo pur di vantarsi di aver fatto più privatizzazioni di Blair. Crolla il Silvio nazionale e crolla anche il nostro Silvio locale. Crollano perché il grande bluff su cui poggiava il loro potere politico è venuto meno. Che vadano a casa con un atto di dignità? Ma nemmeno a parlarne. Silvio Cuffaro, come Silvio Berlusconi, resta incollato alla poltrona, gli resta il potere come unico collante per tenere insieme un gruppo di persone privo ormai di ogni omogeneità e attraversato da pulsioni centrifughe. Ma ormai è finita. Possono anche blindarsi nel palazzo, ma la diga si è rotta, non hanno più racconto, quel racconto che li aveva resi vincenti. La loro promessa di modernità, di un benessere individualistico generalizzato, si infrange sugli scogli della disoccupazione e della precarietà.Ma una volta appurato il fallimento del centro destra cosa ci prospetta il futuro? Come si esce da una situazione di stasi? Come si vince? Si vince capovolgendo il racconto del cuffarismo, fondato sulla devastazione dell’idea dei beni comuni e sul primato dell’interesse individuale su quello collettivo. Si dice che il cuffarismo parli allo stomaco della gente, ai bisogni gretti, e che la classe dirigente della sinistra invece parli alla testa, con la prosopopea di chi si sente più intelligente. Noi abbiamo sempre cercato di parlare al cuore, a quei sentimenti che creano cultura, creano paese. Senza un grande atto di cuore, senza un grande atto di amore siamo finiti. Il cuffarismo ha fallito consegnando nella miseria un paese che aveva trovato nel benessere e la sinistra intellettuale necessita di un trapianto di cuore, perché non è più riuscita a leggere i bisogni dei ragazzi, i sogni di chi ha trent’anni e non sa come crearsi futuro. Bisogna tornare a guardare il mondo dalla parte delle radici e alla radice di ogni cosa c’è l’umanità. Quell’umanità diffusa che vive nelle parrocchie ed ha in padre Livatino un riferimento fondamentale; quell'umanità che ha ormai preso possesso di piazza progresso, ma che non sa come incanalare la propria disillusione e la propria rabbia; quell’umanità fatta da tanti piccoli commercianti che nonostante tutto provano ancora a creare economia rischiando di tasca loro; quell’umanità che continua ad aggregarsi nello sport, nella musica e nel teatro senza che dalle istituzioni giunga nessun aiuto. Quell'umanità fatta da decine di giovani ingegneri, professori, architetti e professionisti che sono un potenziale enorme ma che vengono “oscurati” dai quattro soliti noti a cui vanno tutti i lavori del paese, quell’umanità fatta di precari e emigrati a cui va riconsegnato un futuro ed un salvacondotto non per andare via, ma per tornare. Quell'umanità è il nostro popolo, mettere assieme questo potenziale e incanalarlo non in nuovi individualismi ma in un progetto di crescita è la nostra grande scommessa. Serve entusiasmo e per crearlo bisogna uscire dalle stantie stanze dei partiti, viaggiare in mare aperto, sfidare e sfidarsi, mettere a nudo l’incapacità di leggere la società che cambia da parte di chi da anni dirige solo i propri iscritti e non più la comunità. Milano, Cagliari e Napoli insegnano. Servono le PRIMARIE. Ma quelle vere, aperte, senza trucchetti e senza l'esclusione di nessuno. PRIMARIE che scelgano non solo un uomo o una donna, ma anche un progetto per la città, racchiuso in proposte serie da far sottoscrivere ai cittadini. Un patto con tutte le generazioni per ridare speranza e cambiare marcia. La particolarità delle ultime due tornate elettorali non ci aveva concesso di provare questa esperienza ma ora, con la caduta di Cuffaro ed il fallimento del fratello orfano e dei suoi corifei, la partita è aperta. Vedete, nel tempo tutti i fortini che si sono opposti al cuffarismo, compreso il nostro, si sono inariditi, più proiettati alla difesa che alla proposta, ciascuno con le proprie verità in tasca e con il proprio “popolo”, diffidenti verso l’altro perché considerato o troppo complice o troppo estremista. Ora basta, mischiamoci. Una volta questo è successo, era il 2007, e l’esperienza del comitato “giovani per Raffadali” è il momento di socialità e di crescita di classe dirigente più bello degli ultimi venti anni. Poi diciamocelo chiaro, se qualcuno ha paura di perdere le primarie, come può ambire a vincere le elezioni? Magari si può tentare di vincerle mettendo assieme nomi, bacini di voto (tutti ormai da dimostrare), Salemi + Giglione + Contino + Gueli, in un'equazione sempre fallimentare. Non tanto per una presunta vittoria finale (che si può perdere pure vincendo) ma perché sarebbe tutto uguale. La richiesta di diversità è stato il motore che ha cambiato l’Italia alle urne e dove non è avvenuto, come in provincia di Agrigento, la sinistra non è risultata “non competitiva” ma semplicemente irrilevante. Noi vogliamo portare il vento del cambiamento anche nella nostra Raffadali e il dato referendario ben al di sopra della media nazionale dimostra che c’è un popolo che sulla difesa dei beni comuni, della salute e dei diritti ha già le idee chiare. Un popolo che non vuole più farsi prendere in giro, come dal Sindaco, che prima scappa cedendo le condotte ai privati e poi si fa due fotografie con il comitato referendario del SI per rifarsi una verginità. La risposta? La gente capisce e diserta le manifestazioni di piazza, ma riempie le urne e l’agorà virtuale di facebook, dove vengono a cercare noi che un anno fa gli chiedevamo le firme per fare in modo che il referendum avvenisse. Un popolo ed un'umanità diffusa che cercano qualcosa di nuovo, non solo nei nomi, ma anche nei metodi, e che vogliono “contare”, diventare (giustamente) protagonisti. Senza coinvolgere questo popolo non c’è futuro. Perché per vincere nel 2012 non serve un miracolo, serve l’alternativa. Le primarie sono la strada maestra dove costruirla.
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