mercoledì 9 luglio 2008

Valle dei Templi: Mecenatismo vero o affarismo interessato?

di Caterina Busetta
La proposta dell'assessore ai bb.cc. Antonello Antinoro di affidare per trent'anni ai privati la gestione della Valle dei Templi di Agrigento è stata interpretata dapprima come provocazione e ci ha fatto pensare alla famosa gag di Totò di vendere agli americani la Fontana di Trevi. Ma le dichiarazioni di Lombardo a sostegno dell'assessore Antinoro ci hanno fatto capire che non si trattava di una boutade ma di un progetto preciso ampiamente concordato.
A questo punto, tralasciando l'ironia che pure ha un potere dissacratorio dirompente spesso più efficace di mille ragionamenti, mi pare opportuno riflettere bandendo i pregiudizi ma anche le mitizzazioni.
Il governatore autonomista Lombardo, che pure ha giocato la sua recente campagna elettorale sull'orgoglio siciliano, parla oggi di affidare il nostro immenso patrimonio archeologico e culturale a volte anche unico come quello della Valle dei Templi a “mecenati”. Mecenate, come ben si sa, è quel ricco patrizio romano che sostenne artisti come Orazio e Virgilio sotto Augusto e che oggi sta ad indicare colui che protegge le arti e gli artisti.
La prima domanda che sorge spontanea, pertanto, al cittadino solo un po' accorto è se possano chiamarsi “mecenati” la Lukoil, la Erg-Shell, la Panther Oil o l'Enel, evocate da Lombrado. A me pare che queste multinazionali hanno degli interessi ben precisi che attengono ai business miliardari che spesso, come del resto ampiamente sperimentato in Sicilia, portano anche alla devastazione del territorio.
Le loro sponsorizzazioni non sono mai gratuite ma servono come captatio benevolentiae o foglia di fico per ridare verginità alla loro immagine.
Affidare pertanto i nostri beni culturali a tali “mecenati” significa rassegnarsi allo scambio di colombiana memoria di brillanti con specchietti.
Non c'è dubbio, però; che è necessario che i nostri beni culturali vengano gestiti con mentalità imprenditoriale e che vengano attuate tutte le politiche atte a promuovere lo sviluppo delle risorse del territorio a fini turistici per non deludere le attese delle popolazioni locali che da queste risorse si aspettano giustamente benefici anche economici.
La proposta shock, rafforzata da quanto detto da Lombardo, un effetto positivo l'ha certo avuto ed è stato quello di suscitare un dibattito tra i politici, tra gli studiosi e gli intellettuali ma anche presso la società civile. E questo è sicuramente un risultato positivo perché non c'è di peggio che il silenzio e l'indifferenza. Il soprintendente emerito di Siracusa nonché archeologo Giuseppe Vozza ha affermato che per i beni culturali non si può parlare di “privatizzazione ma di integrare l'attività pubblica di ricerca e tutela con quella privata di gestione”. E' in fondo ciò che prevede la legge regionale n. 20 del 2000 istitutiva del parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi.
Il piano del parco adottato il 23 maggio di quest'anno sarà lo strumento che consentirà la valorizzazione e la fruizione al meglio di un territorio unico per il connubio di archeologia, natura e paesaggio che finora è stato sottoutilizzato proprio a causa della mancanza dello strumento di pianificazione.
Il Piano prevede infatti l'uso di quei manufatti storici all'interno dei 1400 ettari di parco, ricco di mandorli e di ulivi secolari, per finalità turistiche, didattiche, di accoglienza così come prevede l'attivazione di tutti quei sentieri che potranno collegare a piedi i monumenti e creare nuovi percorsi per mountain-bike, trecking, passeggiate equestri eccetera.
L'ampliamento dell'offerta del parco, se affiancata da comportamenti virtuosi delle amministrazioni locali (pulizia, riqualificazione del centro storico, manutenzione delle strade, regolamentazione del traffico, segnaletica, eccetera), porterà sicuramente a prolungare la permanenza ad Agrigento di turisti e viaggiatori.
In verità, anticipando quanto previsto dal piano del parco, da molti anni ormai la gestione di molti servizi accessori, come biglietteria, book-shop, bar e parcheggi, è stata affidata a privati che tuttavia perché funzionino al meglio vanno, oltre che preliminarmente regolamentati, rigorosamente controllati per impedire che la ricerca del profitto faccia passare in secondo ordine la qualità dei servizi elargiti.
Il fallimento dell'Ato rifiuti, per non parlare della sete che prepotentemente è tornata come uno spettro ad Agrigento e che annuncia anche il fallimento del neonato Ato idrico, ci fa capire che la privatizzazione non è la panacea di tutti i mali né uno strumento salvifico.
Se poi di mezzo c'è il nostro millenario patrimonio culturale, arrivato a noi intatto grazie alla tutela degli enti proposti, è davvero temerario pensare di affidare ai privati la Valle dei Templi, perché il rischio potrebbe essere quello di ritrovare tra trent'anni solo macerie.
Il pubblico: Regione, Provincia, Comune e giù a seguire Sovrintendenze, Enti Parco eccetera, piuttosto che delegare devono assolvere i propri compiti seguendo il modello virtuoso dell'efficienza manageriale, della lotta agli sprechi, della sana gestione finalizzata al benessere di tutti e non all'arricchimento di pochi.
Pensare che la Lukoil, la Erg-Shell, la Panther Oil o l'Enel possano fare l'interesse del nostro territorio e risolvere i problemi esistenti che assillano da troppo tempo i siciliani è davvero da ingenui e, riprendendo la metafora colorita del presidente dall'Ars, Francesco Cascio, sarebbe come affidare la raccolta del sangue a Drakula, o più pessimisticamente, come affermato dall'archeologo Andrea Carantino, il “segno dello sfaldamento dello Stato”.
La presa di posizione nettamente contraria e scandalizzata del Fai, di Legambiente nazionale, e di vari intellettuali, studiosi, politici che sarebbe lungo elencare ci fanno ben sperare su un ripensamento di una proposta che, alla luce del dibattito emerso, risulta affrettata e superficiale. Il mecenatismo è una cosa nobile e fortunatamente ancora presente anche nella nostra società mercantilistica, e sicuramente Reinhold Wurth che ha finanziato i lavori di restauro del gioiello normanno della cappella palatina è tra questi, ma stiamo attenti al mecenatismo di facciata delle multinazionali interessati più al business che alla cultura.

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