venerdì 2 gennaio 2009

Genitori che uccidono il futuro.

di Paolo Vizzì

caro Enzo Lombado,
ho quasi sempre letto i tui messaggi e spesso li ho condivisi, come, in parte, condivido questo. Non posso non esser d'accordo con le accuse che muovi al liberismo sfrenato che ha mosso l'ultimo ventennio di vita italiana e mondiale. lo stesso liberismo che talvolta ha anche contagiato alcuni esponenti della sisnistra. La cosa che è mancata iun questi anni non è stato però lo statlismo che spesso viene evocato e che ha dimostrato, anc'esso, se rigidamente e acriticamente praticato, di essere un danno per gli uomini e l'economia. Quello che manca e che è mancato è l'equilibrio, l'analisi critica dei meccanismi che si sono sviluppati negli anni e che sono stati adeguatamente(per nulla) governati dalla politica. Il tuo modo di vedere la faccenda è fortemente ideologgizzato e ti impedisce di vederne molti aspetti non di secondo piano. La competizione economica e delle idee, quella sana, è essenziale per lo svulippo di ogni società o gruppo di individui e diventa imprescindibile se coniugata con saldi principi di solidarietà e di senso dello stato. Il fatto che gruppi di giovani stiano lontani dai salotti degli adulti non ha nulla di negativo, l'aggregazione che si realizza alla villa, lontano dalla chiazza, è quanto di più sano e positivo vi possa essere. La tua analisi dipinge il mondo degli adulti come corrotto e privo di scrupoli, è da questo che i ragazzi vogliono stare lontani. I giovani vogliono essere liberi di esprimere il loro io, di comportarsi liberamente esprimendo tutta la loro vitalità. Essere giovane vuol dire avere uno slancio in più, essere un passo avanti e soprattutto trasgredire, come hanno fatto in tanti dalla notte dei tempi. Il problema sta nel comprendere questi meccanismi e nel dare il giusto freno ai naturali eccessi di quell'età. Dare la colpa delle distorsioni soltanto ai ladri di futuro è anche in questo caso limitativo. Io do la colpa in primo luogo ai genitori, incapaci di fornire ai propri figli un faticoso, duro, impegnativo, quasi discriminante, modello di convivenza civile. Un ragazzo che non ha presente il significato della fatica, l'importanza della correttezza e della lealtà nei confronti di se stesso e degli altri è un ragazzo debole. Dare valori è molto più faticoso e impegnativo che acquisirli, essere un giusto modello comporta rinunce e rischi, ma è quello che è mancato in questi anni. I genitori di oggi sono spesso i raccomandati di ieri che nel loro credo hanno soltanto un classicissimo "fatti raccomandare se vuoi contare". Sono loro che debbono capire l'errore compiuto e non farlo ripetere ai propri figli. Errare è umano, perseverare è diabolico.

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