5 MAGGIO. Milano, nel Giardino dei Giusti sulla collina del Monte Stella, verrà intitolato un albero in memoria di Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa il 7 ottobre 2006 per aver svelato al mondo le vergogne della Russia. Da una raccolta firme organizzata dal giornalista e inviato Rai Andrea Riscassi e dallo scrittore e saggista Gabriele Nissim, attraverso il blog http://www.unalberoperanna.blogspot.com/ , si è arrivati alla costituzione dell’associazione ANNAVIVA, un’associazone senza scopo di lucro che mantenendo vivo il ricordo di Anna Politkovskja, si occupa dei problemi che ancora oggi affliggono i paesi del blocco dell’ Ex – URSS.
Finalmente, dopo più di due anni dalla morte della giornalista russa, il Comitato dei Garanti dell'Associazione del Giardino dei Giusti, ha accolto la proposta dell’associazione ANNAVIVA di dare un segnale forte a chi credeva che uccidendo Anna Politkovskaja sarebbe riuscito davvero a fermare le sue parole.
La piantumazione avverrà alle ORE 10.30 AL GIARDINO DEI GIUSTI. Alle ORE 21 si terrà la COMMEMORAZIONE AL CIRCOLO DELLA STAMPA DI MILANO
Alla manifestazione parteciperà anche, Vera Politkovskaja, figlia della giornalista.
CHI ERA ANNA POLITKOVSKAJA? Una GIORNALISTA o una MEDIATRICE
L’immagine che ho di Anna Politkovskaja, scolpita cuore, non è l’immagine di una giornalista che dal suo albergo a 5 stelle si sposta per una conferenza stampa del presidente, per porgere le domande a lui più gradite. L’immagine che ho di lei è talmente ricca dei valori che ella portava con se, che mi sembra di offendere il suo ricordo ogni volta che, per indicare gli sciacalli della televisione, li chiamo giornalisti. Per questo non preferisco non chiamarla più giornalista e a buon ragione.
Nel corso dei suoi innumerevoli viaggi in Cecenia, Anna Politkovskaja, aveva abbandonato pian piano il suo ruolo di giornalista per approdare a quello di attivista. Quei viaggi che per gli altri giornalisti erano parte del loro lavoro, per lei si erano ormai trasformati in missioni, come amava chiamarli. Anche per lei, come per Terzani, il compito di documentare era finito nel momento in cui aveva iniziato a cercare la verità. Una verità che andava raccontata in tutta la sua crudezza. I suoi libri sono ricchi di odori e suoni: sono uno scorrere di immagini di violenza e rabbia, di sangue e dolore, di speranze e lacrime. La sua missione era quella di sentire, vedere e provare ciò che sente, vede e prova la vittima di una guerra, tanto sanguinaria quanto ingiusta. La sua missione era quella di testimoniare tutto questo dolore, di far conoscere al suo popolo ciò che accade ai suoi “fratelli”. La sua missione era denunciare ogni singolo responsabile di questa carneficina e dichiarare al mondo cosa accade in quel piccolo angolo d’inferno. La sua missione era di creare un legame tra la realtà russa e quella cecena, avvicinarle, farle incontrare, far conoscere le diverse ragioni, i diversi approcci alla guerra; far loro capire che sono entrambe vittime di uno stesso gioco geopolitico.
Anna Politkovskaja ha sviluppato così un tipo di mediazione che va oltre i tentativi di conciliazione tra realtà in conflitto, perché parte dalla ricerca della verità per arrivare a mostrare ai destinatari dei suoi appelli quanto sia necessario giungere a un accordo. E per svolgere il suo ruolo di mediatrice ha utilizzato gli strumenti del giornalismo. Vi sono mediatori che per adempiere alla loro funzione utilizzano le loro capacità oratorie o i trattati. Anna mediava attraverso la sua penna. La sua attività di mediazione partiva da una ricerca che la vedeva in prima linea, pronta a vivere la vita dei protagonisti delle sue cronache. Viveva le loro storie, sentiva il loro dolore, vedeva gli stessi orrori. Spesso, per ricercare la verità ha dovuto provare sulla sua pelle le loro stesse paure. Una volta ottenute le informazioni necessarie, iniziava una nuova ricerca, quella della Legge: la Legge che dovrebbe essere applicata alla realtà per tutelare la verità. Dopodiché sfoderava i ferri del mestiere e iniziava a scrivere. 752 articoli pubblicati su “Novaja Gazeta”, undici libri pubblicati nel mondo. Da lì iniziava una nuova parte del suo mestiere: raccontare, descrivere dei dettagli, sconvolgere, far indignare, denunciare e infine lanciare il suo appello di mediatrice. Mediava tra le madri della Russia: si rivolgeva alle madri cecene che vedevano sparire i loro figli o perché vittime dell’ “orgia poliziesca anticena” o perché vittime di un ideale deviato dalla violenza; si rivolgeva alle madri moscovite che perdevano i loro figli in una guerra che non li riguardava; Anna Politkovskaja si rivolgeva all’esercito regolare che si macchiava di atroci crimini ma si rivolgeva anche agli indipendentisti che attirano tra le loro fila giovani pieni di rabbia e paura e utilizzano il fondamentalismo islamico per fomentare l’odio antioccidentale; la sua opera di mediazione si esercitava anche quando vedeva i migliori figli della Russia lavorare con fatica ma morire di fame e freddo, se non addirittura cadere nell’alcolismo perché la ricca Russia odierna continua a mantenere il costo del pane più alto della vodka. Mediava tra coloro che chiedevano giustizia e i rappresentanti di un sistema giudiziario corrotto. Mediava tra il mondo di Putin e Kadyrov, dei ricchi, potenti e dei prepotenti, e quello della popolazione civile, povera, debole e indifesa. Era una mediatrice perché tramite le sue parole lanciava un appello alle democrazie occidentali, liberando l’urlo di un popolo che ha bisogno di aiuto.
Grazie all’approccio del giornalista è riuscita ad adempiere al suo ruolo di mediatrice con una professionalità che non è possibile conseguire solo con gli studi accademici. Lo studio della storia, le ricerca, le interviste, le registrazioni, le foto, i filmati, poi ancora ricerche, studi di legge, di medicina, allora la comprensione, infine la stesura e la liberazione dell’urlo.
Con la sua attività, Anna ha voluto dire alle vittime della Russia di Putin “coraggio”; ai politici ha detto “vergogna”; ai Paesi Occidentali “vigliacchi”; a chi vede e tace “ribellatevi”. La sua costante attività era finalizzata a permettere a tutti di conoscere quelle stesse verità, indignarsi e agire. Ma per svolgere il suo ruolo di mediatrice, non si accontentava di ciò che leggeva sui giornali o vedeva in televisione o osservava dagli spazi appositamente riservati ai giornalisti. Lei aveva deciso di vedere in faccia la “verità”, di viverla e di raccontarla per come l’aveva vista, bella o brutta che fosse. La penna era la sua freccia. Il giornale il suo arco. La sensibilità dell’uomo il suo bersaglio.
Marcella Militello
La piantumazione avverrà alle ORE 10.30 AL GIARDINO DEI GIUSTI. Alle ORE 21 si terrà la COMMEMORAZIONE AL CIRCOLO DELLA STAMPA DI MILANO
Alla manifestazione parteciperà anche, Vera Politkovskaja, figlia della giornalista.
CHI ERA ANNA POLITKOVSKAJA? Una GIORNALISTA o una MEDIATRICE
L’immagine che ho di Anna Politkovskaja, scolpita cuore, non è l’immagine di una giornalista che dal suo albergo a 5 stelle si sposta per una conferenza stampa del presidente, per porgere le domande a lui più gradite. L’immagine che ho di lei è talmente ricca dei valori che ella portava con se, che mi sembra di offendere il suo ricordo ogni volta che, per indicare gli sciacalli della televisione, li chiamo giornalisti. Per questo non preferisco non chiamarla più giornalista e a buon ragione.
Nel corso dei suoi innumerevoli viaggi in Cecenia, Anna Politkovskaja, aveva abbandonato pian piano il suo ruolo di giornalista per approdare a quello di attivista. Quei viaggi che per gli altri giornalisti erano parte del loro lavoro, per lei si erano ormai trasformati in missioni, come amava chiamarli. Anche per lei, come per Terzani, il compito di documentare era finito nel momento in cui aveva iniziato a cercare la verità. Una verità che andava raccontata in tutta la sua crudezza. I suoi libri sono ricchi di odori e suoni: sono uno scorrere di immagini di violenza e rabbia, di sangue e dolore, di speranze e lacrime. La sua missione era quella di sentire, vedere e provare ciò che sente, vede e prova la vittima di una guerra, tanto sanguinaria quanto ingiusta. La sua missione era quella di testimoniare tutto questo dolore, di far conoscere al suo popolo ciò che accade ai suoi “fratelli”. La sua missione era denunciare ogni singolo responsabile di questa carneficina e dichiarare al mondo cosa accade in quel piccolo angolo d’inferno. La sua missione era di creare un legame tra la realtà russa e quella cecena, avvicinarle, farle incontrare, far conoscere le diverse ragioni, i diversi approcci alla guerra; far loro capire che sono entrambe vittime di uno stesso gioco geopolitico.
Anna Politkovskaja ha sviluppato così un tipo di mediazione che va oltre i tentativi di conciliazione tra realtà in conflitto, perché parte dalla ricerca della verità per arrivare a mostrare ai destinatari dei suoi appelli quanto sia necessario giungere a un accordo. E per svolgere il suo ruolo di mediatrice ha utilizzato gli strumenti del giornalismo. Vi sono mediatori che per adempiere alla loro funzione utilizzano le loro capacità oratorie o i trattati. Anna mediava attraverso la sua penna. La sua attività di mediazione partiva da una ricerca che la vedeva in prima linea, pronta a vivere la vita dei protagonisti delle sue cronache. Viveva le loro storie, sentiva il loro dolore, vedeva gli stessi orrori. Spesso, per ricercare la verità ha dovuto provare sulla sua pelle le loro stesse paure. Una volta ottenute le informazioni necessarie, iniziava una nuova ricerca, quella della Legge: la Legge che dovrebbe essere applicata alla realtà per tutelare la verità. Dopodiché sfoderava i ferri del mestiere e iniziava a scrivere. 752 articoli pubblicati su “Novaja Gazeta”, undici libri pubblicati nel mondo. Da lì iniziava una nuova parte del suo mestiere: raccontare, descrivere dei dettagli, sconvolgere, far indignare, denunciare e infine lanciare il suo appello di mediatrice. Mediava tra le madri della Russia: si rivolgeva alle madri cecene che vedevano sparire i loro figli o perché vittime dell’ “orgia poliziesca anticena” o perché vittime di un ideale deviato dalla violenza; si rivolgeva alle madri moscovite che perdevano i loro figli in una guerra che non li riguardava; Anna Politkovskaja si rivolgeva all’esercito regolare che si macchiava di atroci crimini ma si rivolgeva anche agli indipendentisti che attirano tra le loro fila giovani pieni di rabbia e paura e utilizzano il fondamentalismo islamico per fomentare l’odio antioccidentale; la sua opera di mediazione si esercitava anche quando vedeva i migliori figli della Russia lavorare con fatica ma morire di fame e freddo, se non addirittura cadere nell’alcolismo perché la ricca Russia odierna continua a mantenere il costo del pane più alto della vodka. Mediava tra coloro che chiedevano giustizia e i rappresentanti di un sistema giudiziario corrotto. Mediava tra il mondo di Putin e Kadyrov, dei ricchi, potenti e dei prepotenti, e quello della popolazione civile, povera, debole e indifesa. Era una mediatrice perché tramite le sue parole lanciava un appello alle democrazie occidentali, liberando l’urlo di un popolo che ha bisogno di aiuto.
Grazie all’approccio del giornalista è riuscita ad adempiere al suo ruolo di mediatrice con una professionalità che non è possibile conseguire solo con gli studi accademici. Lo studio della storia, le ricerca, le interviste, le registrazioni, le foto, i filmati, poi ancora ricerche, studi di legge, di medicina, allora la comprensione, infine la stesura e la liberazione dell’urlo.
Con la sua attività, Anna ha voluto dire alle vittime della Russia di Putin “coraggio”; ai politici ha detto “vergogna”; ai Paesi Occidentali “vigliacchi”; a chi vede e tace “ribellatevi”. La sua costante attività era finalizzata a permettere a tutti di conoscere quelle stesse verità, indignarsi e agire. Ma per svolgere il suo ruolo di mediatrice, non si accontentava di ciò che leggeva sui giornali o vedeva in televisione o osservava dagli spazi appositamente riservati ai giornalisti. Lei aveva deciso di vedere in faccia la “verità”, di viverla e di raccontarla per come l’aveva vista, bella o brutta che fosse. La penna era la sua freccia. Il giornale il suo arco. La sensibilità dell’uomo il suo bersaglio.
Marcella Militello
LIBRI DI ANNA POLITKOVSKJA
- Un piccolo angolo d'inferno. La verità sulla guerra in Cecenia, Rizzoli, Milano 2008;
- Cecenia, il disonore russo, Fandango, Roma 2003;
- La Russia di Putin, Adelphi, Milano 2005;
- Diario Russo. 2003-2005, Adelphi, Milano 2007;
- Proibito parlare. Cecenia, Beslan, Teatro Dubrovka: le verità scomode della Russia di Putin, Mondadori, Milano 2007.
- Diario Russo. 2003-2005, Adelphi, Milano 2007;
- Proibito parlare. Cecenia, Beslan, Teatro Dubrovka: le verità scomode della Russia di Putin, Mondadori, Milano 2007.
1 commento:
Un suggerimento per i lettori di AdEst: perchè non leggere anche l'articolo d John Laughland "Chi ha ucciso Anna Politkvaskaja" per avere un'idea più probematica del ruolo dei mass media occidente?
E' sempre utile tenere presente che il Grande Fratello assume tante vesti diverse.
enzo
Posta un commento