Il Comune di Raffadali, ormai è chiaro a tutti, si trova a navigare in cattive acque, manca liquidità, mancano i soldi per pagare i dipendenti, il patto di stabilità è stato sforato ed abbiamo pure avuto un taglio di 100.000,00€ ai già miseri trasferimenti. Il Sindaco si strappa le vesti lamentandosi dei ritardi nell’accreditamento delle somme da parte della regione, ma intanto non affronta il problema principale. Perché siamo arrivati a questa situazione? Cosa possiamo fare per risollevarci da questo stato semivegetativo nel quale la società raffadalese è costretta a vivere? La soluzione deve essere soltanto demandata a chi, malamente, governa o lo sforzo deve essere collettivo? E’ chiaro che i problemi si affrontano meglio con il contributo di tutti, ma fare gruppo presuppone l’accettazione delle proposte altrui, la rinuncia alle posizioni preconcette ed ai personalismi. L’elemento imprescindibile è però un altro, esso è collocato molto più in alto del livello al quale attualmente si svolge quel poco di dibattito politico. Il nodo sta nella visione prospettica, ossia nella prefigurazione degli scenari futuri rispetto ai quali agire per non trovarsi a rincorrere il presente. Il limite odierno è semplicemente questo, è l’inaridirsi del confronto e la perdita della progettualità a lungo termine. Il riferimento non è di tipo tecnico, fare o non fare un’opera non è fondamentale, lo è però capire dove porteranno le azioni e le scelte che stiamo compiendo oggi. Non discutere a fondo del PRG, ad esempio, e delle linee che si vogliono tenere nella sua nuova stesura è un atto di estrema miopia politica riproponendo una situazione verificatasi più di venti anni fa che oggi stiamo pagando pesantemente. La stiamo pagando in termini di vivibilità del centro urbano, di totale abbandono del centro storico, di disarmonia tra necessità abitativa e disponibilità di manufatti, ma soprattutto la stiamo pagando in termini economici e sociali. Ogni cittadino, a vario titolo, ha in media speso inutilmente almeno 30.000,00 realizzando vani che non saranno mai occupati. A questo inconsapevole danno si somma la diminuzione del valore delle case che i propri genitori o i propri nonni gli hanno lasciato all’interno del centro storico. Provate a moltiplicare 30.000 per 14.000 e vedrete quanti soldi sono andati in fumo per la mancanza di visione politica a lungo termine e per i personalismi di qualche losco figuro in doppiopetto privo di amore per la propria città. Sommate il valore perso dalla mancata valorizzazione del Canale e del Poio e la cifra che viene fuori vi farà paura. Quanto potevano fruttare tutti questi soldi e queste proprietà? Tanto, anzi tantissimo! Oggi stiamo cadendo per l’ennesima volta nell’errore di non vedere oltre il nostro naso, come ebbe a dirmi mio compare Stefano spesso “si guarda il dito e non la luna”. Quale prospettiva ci da oggi l’amministrazione Cuffaro, quale è il suo progetto per Raffadali? Vediamo una stentata navigazione a vista fatta di gestione ordinaria e di qualche doverosa inaugurazione. E la politica? Non si riesce nemmeno a discutere un misero regolamento sulla trasparenza amministrativa, sottoscritto da tanti cittadini, che farebbe risparmiare al comune una bella somma di danaro! Cosa vogliamo farne di Raffadali? Quale vocazione si intende valorizzare? Qualcuno si è mai preso la briga di vedere quale è la fonte primaria di reddito? Certo che no, perché sappiamo tutti che a Raffadali si vive di terziario, tutti sono impiegati, molti precari a mezzo stipendio, ma impiegati. Fra 20 anni, quando tutti i funzionari, bidelli, professori veri saranno in pensione cosa faremo? Quando rimarranno a lavorare soltanto gli LSU,LPU, LPP, LCD, COCOCO e COCCODE' che non prenderanno nemmeno la pensione, cosa faremo? Diremo è stato bello finchè è durato o malediremo il momento nel quale abbiamo firmato quello schifoso contratto da precari che ci ha privato di un futuro decente? Chi nell’amministrazione si pone queste domande? Vogliamo fare in modo dì creare un tessuto economico serio basato sulla produzione e non sui servizi? Certamente saremo tutti d’accordo, ma facendo così saprete cosa si otterrà, si otterrà gente indipendente, individui che non avranno più bisogno di fare anticamera dietro la porta di nessuno. Questo fa paura a tanti. Fa paura a tutti quelli che hanno costruito il proprio successo elettorale sul bisogno altrui e sull’ignoranza dei diritti individuali. E’ una logica abusata, ma ancora maledettamente efficace. Lo abbiamo visto nella scorsa campagna elettorale. Porsi obiettivi ambiziosi come quello di sviluppare una vocazione per questo stramaledetto comune non è cosa ne semplice ne priva di rischi. Prendere una via significa non percorrerne altre, significa scegliere e quindi automaticamente rinunciare a qualcosa, ma è quello che bisogna fare! Bisogna insomma decidere! Chi può farlo è soltanto la politica, quella vera, che non si riempie la bocca di ponti di Messina, di aeroporti dei Puffi o di Safe card fasulle che non interessano a nessuno. Vogliamo confrontarci su quello che vogliamo per Raffadali? Io, Ad Est, tante donne e tanti uomini siamo pronti a sederci e a discutere. Dubitiamo che da parte dell’amministrazione si senta questa necessità.
lunedì 21 settembre 2009
Mettiamola sulla politica
di Paolo Vizzì
Il Comune di Raffadali, ormai è chiaro a tutti, si trova a navigare in cattive acque, manca liquidità, mancano i soldi per pagare i dipendenti, il patto di stabilità è stato sforato ed abbiamo pure avuto un taglio di 100.000,00€ ai già miseri trasferimenti. Il Sindaco si strappa le vesti lamentandosi dei ritardi nell’accreditamento delle somme da parte della regione, ma intanto non affronta il problema principale. Perché siamo arrivati a questa situazione? Cosa possiamo fare per risollevarci da questo stato semivegetativo nel quale la società raffadalese è costretta a vivere? La soluzione deve essere soltanto demandata a chi, malamente, governa o lo sforzo deve essere collettivo? E’ chiaro che i problemi si affrontano meglio con il contributo di tutti, ma fare gruppo presuppone l’accettazione delle proposte altrui, la rinuncia alle posizioni preconcette ed ai personalismi. L’elemento imprescindibile è però un altro, esso è collocato molto più in alto del livello al quale attualmente si svolge quel poco di dibattito politico. Il nodo sta nella visione prospettica, ossia nella prefigurazione degli scenari futuri rispetto ai quali agire per non trovarsi a rincorrere il presente. Il limite odierno è semplicemente questo, è l’inaridirsi del confronto e la perdita della progettualità a lungo termine. Il riferimento non è di tipo tecnico, fare o non fare un’opera non è fondamentale, lo è però capire dove porteranno le azioni e le scelte che stiamo compiendo oggi. Non discutere a fondo del PRG, ad esempio, e delle linee che si vogliono tenere nella sua nuova stesura è un atto di estrema miopia politica riproponendo una situazione verificatasi più di venti anni fa che oggi stiamo pagando pesantemente. La stiamo pagando in termini di vivibilità del centro urbano, di totale abbandono del centro storico, di disarmonia tra necessità abitativa e disponibilità di manufatti, ma soprattutto la stiamo pagando in termini economici e sociali. Ogni cittadino, a vario titolo, ha in media speso inutilmente almeno 30.000,00 realizzando vani che non saranno mai occupati. A questo inconsapevole danno si somma la diminuzione del valore delle case che i propri genitori o i propri nonni gli hanno lasciato all’interno del centro storico. Provate a moltiplicare 30.000 per 14.000 e vedrete quanti soldi sono andati in fumo per la mancanza di visione politica a lungo termine e per i personalismi di qualche losco figuro in doppiopetto privo di amore per la propria città. Sommate il valore perso dalla mancata valorizzazione del Canale e del Poio e la cifra che viene fuori vi farà paura. Quanto potevano fruttare tutti questi soldi e queste proprietà? Tanto, anzi tantissimo! Oggi stiamo cadendo per l’ennesima volta nell’errore di non vedere oltre il nostro naso, come ebbe a dirmi mio compare Stefano spesso “si guarda il dito e non la luna”. Quale prospettiva ci da oggi l’amministrazione Cuffaro, quale è il suo progetto per Raffadali? Vediamo una stentata navigazione a vista fatta di gestione ordinaria e di qualche doverosa inaugurazione. E la politica? Non si riesce nemmeno a discutere un misero regolamento sulla trasparenza amministrativa, sottoscritto da tanti cittadini, che farebbe risparmiare al comune una bella somma di danaro! Cosa vogliamo farne di Raffadali? Quale vocazione si intende valorizzare? Qualcuno si è mai preso la briga di vedere quale è la fonte primaria di reddito? Certo che no, perché sappiamo tutti che a Raffadali si vive di terziario, tutti sono impiegati, molti precari a mezzo stipendio, ma impiegati. Fra 20 anni, quando tutti i funzionari, bidelli, professori veri saranno in pensione cosa faremo? Quando rimarranno a lavorare soltanto gli LSU,LPU, LPP, LCD, COCOCO e COCCODE' che non prenderanno nemmeno la pensione, cosa faremo? Diremo è stato bello finchè è durato o malediremo il momento nel quale abbiamo firmato quello schifoso contratto da precari che ci ha privato di un futuro decente? Chi nell’amministrazione si pone queste domande? Vogliamo fare in modo dì creare un tessuto economico serio basato sulla produzione e non sui servizi? Certamente saremo tutti d’accordo, ma facendo così saprete cosa si otterrà, si otterrà gente indipendente, individui che non avranno più bisogno di fare anticamera dietro la porta di nessuno. Questo fa paura a tanti. Fa paura a tutti quelli che hanno costruito il proprio successo elettorale sul bisogno altrui e sull’ignoranza dei diritti individuali. E’ una logica abusata, ma ancora maledettamente efficace. Lo abbiamo visto nella scorsa campagna elettorale. Porsi obiettivi ambiziosi come quello di sviluppare una vocazione per questo stramaledetto comune non è cosa ne semplice ne priva di rischi. Prendere una via significa non percorrerne altre, significa scegliere e quindi automaticamente rinunciare a qualcosa, ma è quello che bisogna fare! Bisogna insomma decidere! Chi può farlo è soltanto la politica, quella vera, che non si riempie la bocca di ponti di Messina, di aeroporti dei Puffi o di Safe card fasulle che non interessano a nessuno. Vogliamo confrontarci su quello che vogliamo per Raffadali? Io, Ad Est, tante donne e tanti uomini siamo pronti a sederci e a discutere. Dubitiamo che da parte dell’amministrazione si senta questa necessità.
Il Comune di Raffadali, ormai è chiaro a tutti, si trova a navigare in cattive acque, manca liquidità, mancano i soldi per pagare i dipendenti, il patto di stabilità è stato sforato ed abbiamo pure avuto un taglio di 100.000,00€ ai già miseri trasferimenti. Il Sindaco si strappa le vesti lamentandosi dei ritardi nell’accreditamento delle somme da parte della regione, ma intanto non affronta il problema principale. Perché siamo arrivati a questa situazione? Cosa possiamo fare per risollevarci da questo stato semivegetativo nel quale la società raffadalese è costretta a vivere? La soluzione deve essere soltanto demandata a chi, malamente, governa o lo sforzo deve essere collettivo? E’ chiaro che i problemi si affrontano meglio con il contributo di tutti, ma fare gruppo presuppone l’accettazione delle proposte altrui, la rinuncia alle posizioni preconcette ed ai personalismi. L’elemento imprescindibile è però un altro, esso è collocato molto più in alto del livello al quale attualmente si svolge quel poco di dibattito politico. Il nodo sta nella visione prospettica, ossia nella prefigurazione degli scenari futuri rispetto ai quali agire per non trovarsi a rincorrere il presente. Il limite odierno è semplicemente questo, è l’inaridirsi del confronto e la perdita della progettualità a lungo termine. Il riferimento non è di tipo tecnico, fare o non fare un’opera non è fondamentale, lo è però capire dove porteranno le azioni e le scelte che stiamo compiendo oggi. Non discutere a fondo del PRG, ad esempio, e delle linee che si vogliono tenere nella sua nuova stesura è un atto di estrema miopia politica riproponendo una situazione verificatasi più di venti anni fa che oggi stiamo pagando pesantemente. La stiamo pagando in termini di vivibilità del centro urbano, di totale abbandono del centro storico, di disarmonia tra necessità abitativa e disponibilità di manufatti, ma soprattutto la stiamo pagando in termini economici e sociali. Ogni cittadino, a vario titolo, ha in media speso inutilmente almeno 30.000,00 realizzando vani che non saranno mai occupati. A questo inconsapevole danno si somma la diminuzione del valore delle case che i propri genitori o i propri nonni gli hanno lasciato all’interno del centro storico. Provate a moltiplicare 30.000 per 14.000 e vedrete quanti soldi sono andati in fumo per la mancanza di visione politica a lungo termine e per i personalismi di qualche losco figuro in doppiopetto privo di amore per la propria città. Sommate il valore perso dalla mancata valorizzazione del Canale e del Poio e la cifra che viene fuori vi farà paura. Quanto potevano fruttare tutti questi soldi e queste proprietà? Tanto, anzi tantissimo! Oggi stiamo cadendo per l’ennesima volta nell’errore di non vedere oltre il nostro naso, come ebbe a dirmi mio compare Stefano spesso “si guarda il dito e non la luna”. Quale prospettiva ci da oggi l’amministrazione Cuffaro, quale è il suo progetto per Raffadali? Vediamo una stentata navigazione a vista fatta di gestione ordinaria e di qualche doverosa inaugurazione. E la politica? Non si riesce nemmeno a discutere un misero regolamento sulla trasparenza amministrativa, sottoscritto da tanti cittadini, che farebbe risparmiare al comune una bella somma di danaro! Cosa vogliamo farne di Raffadali? Quale vocazione si intende valorizzare? Qualcuno si è mai preso la briga di vedere quale è la fonte primaria di reddito? Certo che no, perché sappiamo tutti che a Raffadali si vive di terziario, tutti sono impiegati, molti precari a mezzo stipendio, ma impiegati. Fra 20 anni, quando tutti i funzionari, bidelli, professori veri saranno in pensione cosa faremo? Quando rimarranno a lavorare soltanto gli LSU,LPU, LPP, LCD, COCOCO e COCCODE' che non prenderanno nemmeno la pensione, cosa faremo? Diremo è stato bello finchè è durato o malediremo il momento nel quale abbiamo firmato quello schifoso contratto da precari che ci ha privato di un futuro decente? Chi nell’amministrazione si pone queste domande? Vogliamo fare in modo dì creare un tessuto economico serio basato sulla produzione e non sui servizi? Certamente saremo tutti d’accordo, ma facendo così saprete cosa si otterrà, si otterrà gente indipendente, individui che non avranno più bisogno di fare anticamera dietro la porta di nessuno. Questo fa paura a tanti. Fa paura a tutti quelli che hanno costruito il proprio successo elettorale sul bisogno altrui e sull’ignoranza dei diritti individuali. E’ una logica abusata, ma ancora maledettamente efficace. Lo abbiamo visto nella scorsa campagna elettorale. Porsi obiettivi ambiziosi come quello di sviluppare una vocazione per questo stramaledetto comune non è cosa ne semplice ne priva di rischi. Prendere una via significa non percorrerne altre, significa scegliere e quindi automaticamente rinunciare a qualcosa, ma è quello che bisogna fare! Bisogna insomma decidere! Chi può farlo è soltanto la politica, quella vera, che non si riempie la bocca di ponti di Messina, di aeroporti dei Puffi o di Safe card fasulle che non interessano a nessuno. Vogliamo confrontarci su quello che vogliamo per Raffadali? Io, Ad Est, tante donne e tanti uomini siamo pronti a sederci e a discutere. Dubitiamo che da parte dell’amministrazione si senta questa necessità.
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