venerdì 30 ottobre 2009

Pillola abortiva.Una scelta delle donne non della chiesa

di Silvia Scifo
In Italia i paletti al progresso scientifico non sono mai troppi; ci sono sempre motivazioni etico-cattoliche da opporre allo sviluppo, alla ricerca e al miglioramento della vita in genere e questo è terribilmente sconfortante se si pensa che l’Italia è parte integrante dell’Europa ma chissà perché resta sempre diversi passi indietro rispetto agli altri paesi. Il tempo per prendere importanti decisioni si dilata e le questioni si rimandano di anno in anno. Un esempio fra molti, polemica di questi ultimi mesi, è quello della pillola abortiva, la ru486. Le ricerche sul farmaco cominciarono in Francia intorno agli anni settanta per merito di due ricercatori francesi Etienne Emile Baulieu e Edouard Sakiz che trovarono una sostanza, il mifepristone, uno steroide antagonista del progesterone (ormone che agevola lo sviluppo nella placenta dell’uovo fecondato), in grado di provocare l’aborto causando il distacco dell’uovo dalla placenta. I due ricercatori presentarono i risultati e ci si accorse che, in effetti, la pillola era un’alternativa reale all’aborto chirurgico, divenne così operativa e fu commercializzata in Francia nel 1988. Negli anni ’90 adottarono la pillola la Gran Bretagna e quasi tutti gli altri stati europei, nonché Tunisia, Nuova Zelanda, Svezia, Russia e Cina. L’Italia insieme al Portogallo, Ungheria, Lituania, Romania, sono gli unici paesi europei che hanno avviato da poco la commercializzazione del farmaco ma ancora non la usano. Nel 2005 l’Agenzia italiana del farmaco ha dato la sua approvazione per la messa in commercio della pillola abortiva ed alcune regioni come Emilia-Romangna, Trentino, Toscana hanno ottenuto l’autorizzazione dall’assessorato regionale alla sanità per la somministrazione in via sperimentale del farmaco negli ospedali. Nonostante questo, ancora oggi la situazione è ferma, e la pillola non può ancora, in teoria, essere adoperata. Purtroppo nel nostro paese si devono sempre fare i conti con l’opposizione del vaticano a qualsiasi forma di progresso e di sviluppo scientifico. La chiesa teme che la pillola possa far aumentare il numero di aborti proprio perché diventerebbe più semplice praticarlo. In realtà i dati statistici mostrano il contrario: in Emilia nel 2006 si sono avuti circa 1700 aborti, un centinaio in meno rispetto al 2005. I vantaggi della ru486 non sono pochi; la pillola è meno invasiva rispetto all’aborto chirurgico, evita la degenza ospedaliera e l’anestesia e quindi allevia le sofferenze fisiche e naturalmente psicologiche. L’organizzazione mondiale della sanità nel 2005 ha inserito la pillola abortiva nella lista dei farmaci indispensabili, specialmente per gli stati più poveri dove mancano spesso strutture sanitarie per questo tipo di interventi e le donne costrette a praticarlo rischiano la vita. Considerato che si tratterebbe della libertà di scelta delle donne di ricorrere all’aborto chirurgico o farmacologico, la limitazione di tale scelta sarebbe un grave colpo allo stato liberal democratico e ai suoi principi.Questo anche in virtù del fatto che l’uso della ru486 dovrà avvenire in ambiente ospedaliero ed entro il limite della 7 settimana di gestazione rientra quindi nei vincoli della legge 194 che regola l’aborto. Anche in questo caso dunque nel nostro paese la libertà di scelta dei singoli individui è molto vincolata. Il vaticano ha lanciato addirittura una scomunica a chi prescrive, pratica o beneficia della ru486 rimarcando così che l’Italia è l’unico paese tra quelli sviluppati che subisce l’influenza negativa del potere religioso, una sorta di fondamentalismo cattolico che riemerge dai periodi più bui della storia. Oggi a maggior ragione, poiché approfittando di un governo e di un Berlusconi ricattato e asservito al volere del vaticano, si è instaurata una sorta di alleanza tra potere temporale ecclesiastico e potere politico atto a favorirsi e difendersi vicendevolmente. Così si esercita un’influenza, quella vaticana, che abusa e approfitta della vulnerabilità del Presidente del consiglio sul terreno dell’etica e della morale, omettendo qualsiasi forma di condanna o di giudizio negativo sul suo operato e sulle sue liceità, in cambio del sostegno su questioni etico religiose (aborto divorzio o eutanasia). Due poteri forti uniti nel reciproco sostegno a danno dei più deboli

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