mercoledì 26 maggio 2010

Pertini a Sciara...era il 1955

di Salvatore Lo Leggio

Il 15 maggio 1955 la mafia di Sciara uccise a 31 anni Salvatore Carnevale, dirigente della Camera del lavoro in quel paesino del Palermitano. A giudicare dalle cronache i funerali, che si svolsero il 17, non ebbero la solennità che l'evento meritava. Non c'era "tutta Sciara", come con una certa enfasi scrisse l' "Avanti!", e l'assente non era solo il sindaco democristiano. Il corteo era affollato e fitto, ma la feroce intimidazione sembrava funzionare. I mafiosi avevano saccheggiato le stie dei contadini prelevando lo scarso pollame e avevano banchettato una notte intera, spargendo le piume per le vie del paese. Tra i più il dolore e la paura sembravano prevalere sulla volontà di riscossa. Solo la madre della vittima, Francesca Serio, sembrò avere una reazione di orgogliosa sfida. Depose con le proprie mani sulla cassa la bandiera rossa e gridò: "Per questa bandiera mio figlio è morto, con questa bandiera andarsene".
L'atteggiamento della stampa “di informazione” era minimizzare. Il "Corriere della Sera" ostentava addirittura un totale distacco, pubblicando due colonnine in settima con la notizia nuda e cruda . La stampa isolana aveva fatto di peggio. Il "Giornale di Sicilia" insisteva sulla catena di delitti nella zona e vi annegava l'uccisione di Carnevale. La "Sicilia del popolo", espressione della Dc isolana guidata da Scelba e Restivo, allora presidente Regione, piazzava alcune oblique allusioni per sporcare l'immagine di Carnevale e dei suoi compagni.
Dopo il funerale la segreteria regionale del Psi, guidata da Raniero Panzieri, organizzò la risposta, resa più difficile dalle imminenti elezioni regionali. Psi e Pci, uniti nel movimento di massa, erano infatti, per la prima volta, in competizione nella campagna elettorale. In queste condizioni l'aiuto del Pci per una iniziativa di massa non sarebbe mancato, ma non sarebbe stato generoso come in altre circostanze. Panzieri convocò comunque una manifestazione a Sciara per lunedì 23 maggio. Per lo stesso giorno il partito socialista sospese i comizi in tutta la Sicilia, mentre nelle sezioni si sarebbero svolte assemblee.
Venerdì 20 arrivò a Palermo Sandro Pertini, deputato ed eroe dell'antifascismo. L'indomani avrebbe accompagnato in tribunale la madre di Carnevale, che, convinta dell'incapacità degli inquirenti locali, aveva deciso di rivolgersi con un esposto alla Procura generale della Corte d'Appello. La denuncia, spiegò Pertini all' "Avanti!", non era solo un circostanziato memoriale che evidenziava il carattere politico mafioso dell'omicidio, ma anche un atto di coraggio e fiducia, un invito a tutti quelli che sapevano qualcosa a uscire dalla rete del silenzio. Nello stesso giorno di sabato 21, Pertini era in giro del palermitano a comiziare, la sera fu a Sciara a consolare, confortare e incoraggiare. Vi sarebbe rimasto fino alla sera di lunedì 23, il giorno della manifestazione.
I resoconti della manifestazione sono unanimi: la partecipazione fu grande, duemila compagni, forse di più, arrivati dai paesi vicini, da San Giuseppe Jato a Corleone, ove la pressione mafiosa era fortissima. A organizzare la partecipazione erano state soprattutto le Sezioni socialiste e le Camere del lavoro e la partecipazione più cospicua era dei muratori (Carnevale lavorava alla cava di pietra ed era dirigente della Filea, il sindacato degli edili). C'erano anche molti comunisti con le loro bandiere, intervenuti da ogni parte della provincia.
Alle 17 un lunghissimo corteo si mosse verso Cozzi Sicchi, la contrada dell'assassinio, ove si trovava anche la pietraia ove lavorava Turiddu. Lo guidava Pertini, affiancato da Panzieri, per strade impervie e viottoli. Nel luogo del delitto c'era un cippo circondato da un drappo rosso, attorno a cui vennero disposte le bandiere. La madre di Carnevale arrivò dietro gli altri, camminando lentamente. Tutti le facevano strada e Pertini la sorreggeva. Fu lei a rompere il profondo silenzio che era piombato in quell'angolo di terra: avanzò fino al cippo ripetendo "Figghiu! figghiu! figghiu!". E invocò cinque o sei volte il nome di Turiddu. Un compagno abbassò il drappo della lapide attorno a cui ad uno ad uno sarebbero sfilati i compagni. Le compagne, soprattutto raccoglitrici di olive, deponevano fiori.
Il corteo ritornò al tramonto nella piazza del paese per ricordare Salvatore Carnevale. Iniziò Pio La Torre, per il breve saluto della Cgil. Proseguì Raniero Panzieri cui era affidato il discorso commemorativo. Parlò Pompeo Colajanni, il Barbato della Resistenza, liberatore di Torino, per i comunisti.
La conclusione fu affidata a Pertini: "Avrei preferito tacere. Dura in me e durerà molto la commozione che si è accumulata facendo insieme a voi il cammino che fece Turiddu verso la sua morte". Poi si rivolse agli uomini della mafia, che stavano ai margini della folla o nelle case per vedere chi c'era: "Turiddu è qui insieme a noi, evocato dal dolore di sua madre con il suo volto irriconoscibile. Turiddu è qui tra voi, mafiosi di Sciara, la vostra vittima innocente. Lo avete ucciso proditoriamente perchè siete dei vili. Voi non appartenete alla Sicilia, voi siete la feccia, la vergogna, mafiosi che state nell'ombra ad ascoltarmi. Turiddu difendeva i compagni contro il vostro egoismo; e voi, malapianta velenosa che cresce nel feudo, lo avete ucciso". Proseguì rivolto a braccianti ed operai: "Accompagnando la madre di Turiddu per presentare la denunzia il comandante dei carabinieri mi disse che la mafia si vince solo affrontandola apertamente. Vincete voi la paura, con voi avrete il popolo italiano. Affrontateli insieme e a viso aperto: essi non sono che dei vigliacchi!".
Dopo la citazione di quell'ufficiale dell'Arma che sarebbe poi diventato il generale Dalla Chiesa, Pertini si rivolse agli abitanti di Sciara, di ogni fede politica: "Le vostre miserie e le vostre ansie sono quelle di Salvatore Carnevale. Egli è caduto per il vostro riscatto, si è battuto per voi ed è morto per voi. Rubava le ore al sonno per coltivare la sua mente e volgerla alla vostra difesa. Per questi ideali ha dato la sua vita. Salvatore non aveva paura. Un mafioso lo avvicinò pochi giorni prima della sua morte e gli disse: 'Lascia il partito e vivrai tranquillo, ti faremo ricco'. Turiddu rispose: 'Non mi sono mai venduto e non mi venderò: 'Se volete ammazzzarmi ammazzatemi. Ma chi ammazza me ammazza Gesù Cristo'. Voi mafiosi avete ucciso per la seconda volta Gesù Cristo".
La chiusa è dedicata al partito e ai giovani: "Non dobbiamo trarre ragioni di vendetta dalla morte di Salvatore Carnevale, la storia penserà a vendicarla. Dalla sua morte dobbiamo trarre incitamento ed esempio: l'esempio che egli ci lasciò è di fedeltà alla classe operaia, di fedeltà al partito, di fedeltà alla bandiera per la quale caddero Buozzi e Matteotti. Non c'è che un modo per onorare Turiddu, occupare il posto che lui ha lasciato vuoto. E' un cammino duro e difficile, o giovani, ma la speranza di ieri per milioni e milioni di uomini è diventata una certezza e una realtà. I nostri capelli sono già bianchi, ma voi giovani potrete realizzare la meta per la quale noi ci siamo battuti, per la quale, ultimo, è caduto Salvatore Carnevale, la vittoria del socialismo sulla quale egli ha puntato fino al sacrificio".Chi legge mi scuserà per avere rievocato, saccheggiando i giornali dell’epoca, soprattutto gli articoli de “l’Avanti”, una storia siciliana d'altri tempi, una storia di paese svoltasi più di 50 fa. Ma vi abbiamo incontrato insieme ai braccianti, ai cavatori, ai muratori, alle raccoglitrici di olive, Salvatore Carnevale, Francesca Serio, Sandro Pertini, Raniero Panzieri, Pio La Torre, Pompeo Colajanni, Carlo Alberto Dalla Chiesa. Una storia in cui si incontrano tutte insieme tante belle persone non capita spesso.

1 commento:

KRISTIANOPEDIA ha detto...

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