di Gaetano Alessi
Ci sono uomini che possiedono la forza di indicare una via. Uomini grandi che non ti chiedono di seguirli, di renderli “leader”, di abbandonare le tue speranze alle loro intuizioni ma di stare al loro fianco, di camminare e contaminarsi ogni giorno, ogni passo. Uno di questi uomini è Luigi Ciotti. Parla di “strade” Don Luigi da Savignano sul Panaro (Modena) durante la XV Assemblea Nazionale di Libera. “Strade” difficili perché lastricate anche da sconfitte, strade poco comode, poco alla moda. Strade che però devono essere percorse perché “Ne vale la pena”. Percorsi d’impegno che sembrano materializzarsi mentre parla il fondatore di Libera. Esperienze nate in luoghi diversi, in contesti diversi ma con un denominatore comune: queste “storie” parlano di libertà, richiesta di verità e di giustizia.
Ne racconteremo una perché è una “strada” che abbiamo battuto. 1992, era strano il mondo visto dal confine più estremo d’Italia. Soldi in tasca pochi e chi possedeva una Vespa 50 era un privilegiato. La vita dei ragazzi si estendeva tra le tante “Via Emilia e il West" delle periferie del paese. Era un’estate calda in Sicilia, in tutti i sensi. La bomba che uccise Falcone colse un gruppo di ragazzini impreparati, li lasciò interdetti. Troppo giovani per capire cosa era successo. La bomba che uccise Borsellino, invece, restò un tatuaggio nell'anima di ognuno di loro. Il ricordo di quei momenti che diviene un flashback perenne. Lo sguardo perso nel vuoto, disturbato dalle luminarie che ricordavano a tutti che era la festa patronale del paese. Sentivano in cuor loro che bisognava fare qualcosa, ma cosa? Dalla radio del paese si levò un appello all'allora arciprete, di non far svolgere i giochi pirotecnici quella sera. Non c'era nulla da festeggiare. Il delegato di Dio rispose che la sua morale gli imponeva di continuare la festa (la stessa morale che alcuni mesi dopo gli impose di lasciare la tunica per fuggire con la fidanzata del suo migliore amico!). In quel momento, all'indifferenza generale, tra la mafia che festeggiava e l’etica di un paese che andava in sfacelo, c’era solo un piccolo mezzo d’informazione, la radio, e un piccolo gruppo di ragazzi che non si voleva arrendere all’indifferenza. Furono momenti di grande tensione ma quel gruppo di ragazzi riuscì a scuotere le coscienze e vinse. Da lì a poco scoppio quel grande movimento di popolo che portò alla primavera siciliana.
Da quell’ esperienza d’ informazione libera, nacque una generazione di ragazzi che non si è mai arresa anche quando il ciclone Cuffaro sembrava spazzare via la coscienza civile della gente. Libertà come ragione d’essere, etica come passione civile. Questi i “valori” di Libera che si possono trovare in centinaia di altre piccole e grandi storie che ne compongono la galassia. Una galassia spesso confusa, sparigliata ma onesta, vitale, sincera. Le parole di Don Ciotti disegnano nell’ enorme tela della vita i momenti e gli attimi passati a “seminare” valori in Calabria, Sicilia, Campania, Puglia e nei nuovi “luoghi” di mafia: Lombardia ed Emilia Romagna. Anni lunghi che sembrano non avere mai fine, terreni che sembrano sempre troppo aridi ma che vanno coltivati perché “ne vale la pena”. “Coltiviamo la libertà, aiutiamo i poveri a diventare liberi dal bisogno. Difendiamo l’articolo 21 e la libertà d’informazione. Battiamoci contro il ratto dell’acqua da parte dei privati”. “Prega” la sua gente Luigi Ciotti. “Perché noi siamo liberi ma è nostro dovere impegnare la nostra libertà per rendere libero chi libero non è”. La “strada” è ancora lunga, oscura, confusa ma se percorrerla può servire ad affermare i valori della “Costituzione” nata dalla Resistenza, di sicuro, come dice Luigi Ciotti potremo dire alla fine che “ne è valsa la pena”.
Ci sono uomini che possiedono la forza di indicare una via. Uomini grandi che non ti chiedono di seguirli, di renderli “leader”, di abbandonare le tue speranze alle loro intuizioni ma di stare al loro fianco, di camminare e contaminarsi ogni giorno, ogni passo. Uno di questi uomini è Luigi Ciotti. Parla di “strade” Don Luigi da Savignano sul Panaro (Modena) durante la XV Assemblea Nazionale di Libera. “Strade” difficili perché lastricate anche da sconfitte, strade poco comode, poco alla moda. Strade che però devono essere percorse perché “Ne vale la pena”. Percorsi d’impegno che sembrano materializzarsi mentre parla il fondatore di Libera. Esperienze nate in luoghi diversi, in contesti diversi ma con un denominatore comune: queste “storie” parlano di libertà, richiesta di verità e di giustizia.
Ne racconteremo una perché è una “strada” che abbiamo battuto. 1992, era strano il mondo visto dal confine più estremo d’Italia. Soldi in tasca pochi e chi possedeva una Vespa 50 era un privilegiato. La vita dei ragazzi si estendeva tra le tante “Via Emilia e il West" delle periferie del paese. Era un’estate calda in Sicilia, in tutti i sensi. La bomba che uccise Falcone colse un gruppo di ragazzini impreparati, li lasciò interdetti. Troppo giovani per capire cosa era successo. La bomba che uccise Borsellino, invece, restò un tatuaggio nell'anima di ognuno di loro. Il ricordo di quei momenti che diviene un flashback perenne. Lo sguardo perso nel vuoto, disturbato dalle luminarie che ricordavano a tutti che era la festa patronale del paese. Sentivano in cuor loro che bisognava fare qualcosa, ma cosa? Dalla radio del paese si levò un appello all'allora arciprete, di non far svolgere i giochi pirotecnici quella sera. Non c'era nulla da festeggiare. Il delegato di Dio rispose che la sua morale gli imponeva di continuare la festa (la stessa morale che alcuni mesi dopo gli impose di lasciare la tunica per fuggire con la fidanzata del suo migliore amico!). In quel momento, all'indifferenza generale, tra la mafia che festeggiava e l’etica di un paese che andava in sfacelo, c’era solo un piccolo mezzo d’informazione, la radio, e un piccolo gruppo di ragazzi che non si voleva arrendere all’indifferenza. Furono momenti di grande tensione ma quel gruppo di ragazzi riuscì a scuotere le coscienze e vinse. Da lì a poco scoppio quel grande movimento di popolo che portò alla primavera siciliana.
Da quell’ esperienza d’ informazione libera, nacque una generazione di ragazzi che non si è mai arresa anche quando il ciclone Cuffaro sembrava spazzare via la coscienza civile della gente. Libertà come ragione d’essere, etica come passione civile. Questi i “valori” di Libera che si possono trovare in centinaia di altre piccole e grandi storie che ne compongono la galassia. Una galassia spesso confusa, sparigliata ma onesta, vitale, sincera. Le parole di Don Ciotti disegnano nell’ enorme tela della vita i momenti e gli attimi passati a “seminare” valori in Calabria, Sicilia, Campania, Puglia e nei nuovi “luoghi” di mafia: Lombardia ed Emilia Romagna. Anni lunghi che sembrano non avere mai fine, terreni che sembrano sempre troppo aridi ma che vanno coltivati perché “ne vale la pena”. “Coltiviamo la libertà, aiutiamo i poveri a diventare liberi dal bisogno. Difendiamo l’articolo 21 e la libertà d’informazione. Battiamoci contro il ratto dell’acqua da parte dei privati”. “Prega” la sua gente Luigi Ciotti. “Perché noi siamo liberi ma è nostro dovere impegnare la nostra libertà per rendere libero chi libero non è”. La “strada” è ancora lunga, oscura, confusa ma se percorrerla può servire ad affermare i valori della “Costituzione” nata dalla Resistenza, di sicuro, come dice Luigi Ciotti potremo dire alla fine che “ne è valsa la pena”.
Don Ciotti ha dato la disponibilità ad essere il 23 settembre a Raffadali..5 anni dopo lo accoglieremo a braccia aperte..
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