Di Andrea Casano
La ristrutturazione di una villa liberty. E' questo quello che vorrebbe realizzare Massimo Ciancimino, con i proventi del libro da lui scritto a quattro mani con il giornalista Francesco La Licata. Inviato alla festa del PD a Bologna, mi sono intrattenuto con lui per alcuni minuti.
Una figura, quella di Ciancimino, fortemente criticata per la sua collaborazione, definita da molti, “a orologeria”. Era la prima volta che mi trovavo faccia a faccia, con un personaggio del calibro, per il vissuto della persona in questione, di un certo tipo.
E' un Ciancimino che si schiera nettamente contro l'operato del governo Berlusconi. Riguardo alle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, non si sente di giudicarne l'attendibilità. E' chiaro tuttavia – afferma lo stesso Ciancimino – che il governo non stia facendo un grande lavoro per salvaguardare e incentivare il lavoro dei magistrati impegnati nelle indagini, sulle stragi del '92-'93. E' evidente a molti, (si spera, più possibili) di quanti siano stati gli attacchi ai pm e negli ultimi tempi, alla libertà personale degli italiani, da parte del Presidente del Consiglio.
L'azione di ostruzione da parte del governo, si ripercuote anche nei confronti di chi ha scelto di saltare il fosso. Un esempio, piuttosto attuale, è quello del pentito di mafia, Gaspare Spatuzza. Il signore in questione è colui, che ha accusato, Marcello dell'Utri, di essere il mediatore tra Arcore e Palermo, durante uno dei periodi più bui per la storia della Repubblica italiana.
Proprio perchè - come ha affermato il Ministro Alfano - il governo fornisce tutti gli strumenti legilstativi per la collaborazione, è stato revocato a Spatuzza il programma di protezione riservato a chi decide di collaborare con la giustizia. Il tutto per un'inezia burocratica. Alla base dell'annullamento del programma di protezione, vi è stato il tentennamento da parte di Spatuzza, di raccontare del “terzo livello”. Di far luce sugli intrecci che hanno visto coinvolti lo Stato e il para-Stato mafioso.
Anche Ciancimino risente del “supporto” del Governo. La sua condizione di testimone di giustizia ci illustra come sia difficile barcamenarsi giorno dopo giorno tra vari espedienti. E' una strada tutta in salita – aggiunge lo stesso Ciancimino – quella di chi sceglie di contribuire allo svelamento dei meccanismi del sistema mafia.
Massimo Ciancimino, vuole mettere alle spalle la figura del padre Vito. A differenza di mio padre – mi dice – voglio confrontarmi con mio figlio e con mia moglie, rendendoli partecipi delle mie scelte. Scelte, che durante l'ascesa del padre, come figura di riferimento dei corleonesi a Palermo, non potè o non volle fare. E' certo che la morsa della mafia sugli uomini politici e delle istituzioni si faceva sentire, forte. Numerosi erano infatti, gli alti rappresentanti delle forze dell'ordine, che presenziavano agli incontri con i viddani di Corleone.
E la società civile cosa può fare? Di fronte a dinamiche di questo tipo. Davanti a logiche di delegittimazione ad hoc dei testimoni e dei collaboratori di giustizia, servirebbe una forte presa di posizione da parte della collettività tutta. Nonostante il curriculum vitae dei personaggi menzionati, lancio provocatoriamente una proposta di “scorte civiche” di cittadini, proprio per evidenziare un problema, che il “governo dell'antimafia” fà ricadere nella burocazia.
Bisogna rendersi conto che nella cassaforte mafia, i collaboratori di giustizia, hanno rappresentato e rappresentano un grimaldello, per poter accedere a pezzi di storia italiana, rimasti per troppo tempo oscuri. Che ci sia da parte del governo, una non volontà a identificare i mandanti delle stragi di Capaci e di via d'Amelio?
E' evidente che il governo stia realizzando un'azione di isolamento. Vi è l'intenzione di mantenere, la lotta alla mafia, una questione di pochi.
Credo personalmente che una vera lotta alla mafia, non possa prescindere dalla collettivizzazione del problema stesso. Fino a quando ci saranno dei pochi eletti a fronteggiare questo Leviatano illegale, la lotta alla mafia potrà considerarsi persa.
La ristrutturazione di una villa liberty. E' questo quello che vorrebbe realizzare Massimo Ciancimino, con i proventi del libro da lui scritto a quattro mani con il giornalista Francesco La Licata. Inviato alla festa del PD a Bologna, mi sono intrattenuto con lui per alcuni minuti.
Una figura, quella di Ciancimino, fortemente criticata per la sua collaborazione, definita da molti, “a orologeria”. Era la prima volta che mi trovavo faccia a faccia, con un personaggio del calibro, per il vissuto della persona in questione, di un certo tipo.
E' un Ciancimino che si schiera nettamente contro l'operato del governo Berlusconi. Riguardo alle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, non si sente di giudicarne l'attendibilità. E' chiaro tuttavia – afferma lo stesso Ciancimino – che il governo non stia facendo un grande lavoro per salvaguardare e incentivare il lavoro dei magistrati impegnati nelle indagini, sulle stragi del '92-'93. E' evidente a molti, (si spera, più possibili) di quanti siano stati gli attacchi ai pm e negli ultimi tempi, alla libertà personale degli italiani, da parte del Presidente del Consiglio.
L'azione di ostruzione da parte del governo, si ripercuote anche nei confronti di chi ha scelto di saltare il fosso. Un esempio, piuttosto attuale, è quello del pentito di mafia, Gaspare Spatuzza. Il signore in questione è colui, che ha accusato, Marcello dell'Utri, di essere il mediatore tra Arcore e Palermo, durante uno dei periodi più bui per la storia della Repubblica italiana.
Proprio perchè - come ha affermato il Ministro Alfano - il governo fornisce tutti gli strumenti legilstativi per la collaborazione, è stato revocato a Spatuzza il programma di protezione riservato a chi decide di collaborare con la giustizia. Il tutto per un'inezia burocratica. Alla base dell'annullamento del programma di protezione, vi è stato il tentennamento da parte di Spatuzza, di raccontare del “terzo livello”. Di far luce sugli intrecci che hanno visto coinvolti lo Stato e il para-Stato mafioso.
Anche Ciancimino risente del “supporto” del Governo. La sua condizione di testimone di giustizia ci illustra come sia difficile barcamenarsi giorno dopo giorno tra vari espedienti. E' una strada tutta in salita – aggiunge lo stesso Ciancimino – quella di chi sceglie di contribuire allo svelamento dei meccanismi del sistema mafia.
Massimo Ciancimino, vuole mettere alle spalle la figura del padre Vito. A differenza di mio padre – mi dice – voglio confrontarmi con mio figlio e con mia moglie, rendendoli partecipi delle mie scelte. Scelte, che durante l'ascesa del padre, come figura di riferimento dei corleonesi a Palermo, non potè o non volle fare. E' certo che la morsa della mafia sugli uomini politici e delle istituzioni si faceva sentire, forte. Numerosi erano infatti, gli alti rappresentanti delle forze dell'ordine, che presenziavano agli incontri con i viddani di Corleone.
E la società civile cosa può fare? Di fronte a dinamiche di questo tipo. Davanti a logiche di delegittimazione ad hoc dei testimoni e dei collaboratori di giustizia, servirebbe una forte presa di posizione da parte della collettività tutta. Nonostante il curriculum vitae dei personaggi menzionati, lancio provocatoriamente una proposta di “scorte civiche” di cittadini, proprio per evidenziare un problema, che il “governo dell'antimafia” fà ricadere nella burocazia.
Bisogna rendersi conto che nella cassaforte mafia, i collaboratori di giustizia, hanno rappresentato e rappresentano un grimaldello, per poter accedere a pezzi di storia italiana, rimasti per troppo tempo oscuri. Che ci sia da parte del governo, una non volontà a identificare i mandanti delle stragi di Capaci e di via d'Amelio?
E' evidente che il governo stia realizzando un'azione di isolamento. Vi è l'intenzione di mantenere, la lotta alla mafia, una questione di pochi.
Credo personalmente che una vera lotta alla mafia, non possa prescindere dalla collettivizzazione del problema stesso. Fino a quando ci saranno dei pochi eletti a fronteggiare questo Leviatano illegale, la lotta alla mafia potrà considerarsi persa.
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