martedì 8 giugno 2010

LETTERA ALLA MIA TERRA

di Massimiliano Perna

Il mare freddo l’ho bucato con il mio corpo, l’ho colpito con tutte le mie forze, sicuro che non gli avrei mai fatto male. Dietro di me una riva deserta, ancora assopita, ancora lontana dalla confusione frenetica dei mesi che verranno. Silenzio, non una voce, solo il vento di ponente, fortissimo, dispettoso, a tratti furioso, a ricordarmi che i miei pensieri non rimarranno con me in eterno, che bisogna trattenerli, maturarli, definirli prima di lasciarsi spingere da questo soffio. La sabbia bianca si muoveva, in una danza a cui la mia mente donava una musica antica, si sollevava, ruotava su sé stessa, mi sbatteva addosso, poi mi superava e si tuffava anch’essa sul dorso freddo dell’acqua cristallina. Il silenzio era sempre lì, con me. Mi seguiva, mentre nuotavo, mentre sdraiato a dorso sulla superficie del mare fissavo il sole, sentendo il suo sapore. Sì perché anche il sole ha un gusto e non è facile capirlo se non si vive o cresce al Sud, se il Meridione non ti avvolge le viscere, non ti colora il sangue. Mi sono alzato per andar via da quel vento insistente, mi sono lasciato alle spalle quel paradiso, guardandolo con occhi diversi, nonostante sapevo che lo avrei rivisto a breve. E così, mentre pensavo ai miei prossimi mesi, alle scelte, alle loro conseguenze, guidavo la mia automobile con i finestrini aperti, in una strada con pochi spettatori, deserta anch’essa, battuta solo dal caldo torrido che rendeva l’asfalto liscio, come una pista lucida su cui lasciar rotolare i miei pensieri. Quarantacinque km tra colline chiazzate dal verde pallido degli ulivi e il marrone chiaro della terra semi-arida. Ai miei lati, dovunque, il giallo dei campi di grano, che il sole faceva brillare come tappeti d’oro sotto le fronde maestose dei carrubi.

L’odore della mia Sicilia, il suo fascino, la bellezza che ti toglie il respiro, la storia che circonda ogni luogo. Storia di lavoro, di vita, di lotte, di sconfitte, di sangue. La mia auto correva, sospinta sempre da quella musica antica che viene da un’altra terra del Sud, simile e incantevole. E così seguendo quella strada che penetra al centro le campagne, tra Pachino, Noto e Avola, immaginavo i vecchi braccianti che sudavano, guardavo le loro facce solcate dalle rughe e dal caldo asfissiante, sentivo le loro voci, le proteste, le bandiere, gli spari degli assassini di Stato, mandati in divisa a fermare brutalmente la fame di diritto del popolo, vedevo i corpi di due lavoratori con la faccia a terra e il sangue ad avvolgerli. Ho sentito il sapore della storia di questa terra, amaro come il guscio dei mandorli, dentro cui si nasconde la dolcezza del loro frutto. Ho ascoltato le parole e visto i volti di quei tanti siciliani andati via per poter esprimere se stessi, fuggiti dalle braccia morbide, dagli occhi seducenti e maliziosi, dal corpo caldo di questa terra, amata e maledetta, difficile da respingere, da allontanare.

Oggi sono io a volermi allontanare da te, a volerti lasciare per evitare di odiarti. Ho capito che solo da lontano potrò amarti, potrò ricordare i tuoi occhi con malinconico affetto, potrò ascoltare ogni giorno il tuo canto senza rischiare di esserne ipnotizzato. L’amarezza che regali ai tuoi figli, quella pigra rassegnazione che si insinua nelle loro vene, che li divora poco a poco, li imprigiona, li conduce a rinunciare alle loro opportunità, non la posso più accettare. È ciò che ti maledice, che scalfisce la tua bellezza, che appesantisce il tuo abbraccio. Però, guardando tutto da un altro punto di vista, forse è proprio quel contrasto tra bellezza e amarezza, tra giallo vivo e rosso scuro, tra morte e amore, tra pigrizia e volontà, forse è proprio tutto ciò che fortifica il nostro essere, ci rende fieri, ci allena ad ogni cosa, ci prepara. Ed è quel bagaglio che ci portiamo stretto in mano quando partiamo, quando arriviamo in posti diversi, spesso anche ostili, in cui riusciamo a superare ogni cosa, perché ogni cosa ci sembra minore rispetto a quello che abbiamo vissuto. E così, nei momenti di maggiore soddisfazione della nostra vita, non possiamo non pensarti e ringraziarti, non possiamo dimenticarti, come avviene con una madre che ti sembra severa, mentre dopo capisci che ha fatto tutto con il cuore in lacrime per spronarti, per il tuo bene.

Di queste storie ne ho sentite e vissute tante, ho visto la mia città svuotarsi dei giovani migliori, tutti partiti, tutti lontani. Tutti con la voglia di tornare, ma nel frattempo capaci di sistemarsi altrove, di riuscire nei propri progetti, di crescere come uomini e come donne, perché si sono messi in gioco ed hanno avuto ragione. Ed allora, anche io, che ho scelto di restare, perché amavo a tal punto questa terra da non volerla lasciare sola, da voler provare in ogni modo a cambiare la sua prospettiva di vita, a fare qualcosa per lei, per ricompensarla della sua bellezza, per portare avanti con le mie gambe i pensieri e le idee che figli illustri finiti nella polvere di uno Stato sporco e spietato avevano dedicato e rivolto alla loro madre Sicilia, adesso ho deciso di andare. Non so dove né come, per adesso, ma devo mettermi in gioco, devo lasciare la mia amata isola. Perché da fuori posso amarla di più, perché non posso permettermi il lusso di finire annegato in uno stagno molle che soffoca chiunque voglia respirare aria nuova, pulita, pura. Non voglio finire schiacciato insieme ai miei ideali da una società che emargina e contrasta chi non cede ai compromessi, alle logiche di cocciuta autoconservazione, ad un sistema che nel marcio ci sguazza per andare avanti, confondendo normalità ed anormalità, accontentandosi felice di cose che sarebbero dovute e che non dovrebbero essere il frutto di una concessione. E se non c’è emarginazione, allora arriva l’invidia per quello che sei o che fai, specialmente se chi fa le tue stesse cose non può in cuor suo dirsi animato dagli stessi ideali…

Ma questo probabilmente accade ovunque. Ma ovunque non è la mia terra, non suscita in me quella rabbia, quella delusione. Per questo sono pronto. Ti abbandono, magari per tornare un giorno, o forse no. Forse dovremo accontentarci della serenità delle vacanze, di qualche passaggio in cui ovviamente saprò vedere solo le cose belle, in cui cercherai di suscitarmi con successo la malinconia figlia della tua incancellabile bellezza. E saranno sempre partenze con il dolore nel cuore, ma so che svanirà tutto dopo poche ore, o forse no. Ma non m’importa. Non mi lasci altra scelta. La mia vita non può essere un’isola, non posso stare fuori da tutto, ad accontentarmi della mia serenità, dei miei affetti, delle mie romantiche passioni per te. Voglio e devo stare nel mondo, immerso, senza la tua luce, senza la tua bellezza pronta a ristorarmi, a proteggermi. No. Devo stare lontano da te, amarti a distanza, sentire la tua assenza, ma non lasciarmi guidare da questo. E magari un giorno ti dedicherò qualcosa, mi presenterò al tuo cospetto con gli occhi sorridenti e la soddisfazione in corpo. Magari in dono ti porterò la mia casa, se sarò riuscito a costruirla ed a costruirmi.

Adesso però perdonami se vado, non scappo, non è una fuga, non potrai mai dirlo, perché accanto a te son rimasto per anni, rinunciando a tutto. Ma il tempo è scaduto, da questa solitudine a cui mi sono costretto per te voglio riemergere, per portare altrove tutto il tuo sapore, tutto ciò che mi hai insegnato, per condividerlo con chi vorrà scoprire la tua meravigliosa essenza. Ti difenderò dalle menzogne, dai saccenti, dalle etichette facili, dagli attacchi violenti, dai ragionamenti illogici, dai giudizi veloci, porterò in me le tue ferite ed i tuoi incanti, sentirò il dolore dei colpi che ti infliggeranno e il piacere delle glorie che conoscerai, in una simbiosi eterna a cui non potrò e non vorrò mai sottrarmi. Non mi tentare, non convincermi a desistere, perché sarà tutto inutile. Non voglio tornare indietro, non voglio ritrovarmi qui, con il peso di un’illusione svanita. Lasciami respirare il profumo del mare e della sabbia estiva, dopodiché penseremo al nostro saluto, che sia un arrivederci come mi auguro. Ma forse non ce ne sarebbe bisogno, perché in effetti noi due, anche se distanti, non ci lasceremo nemmeno per un momento. E viaggeremo insieme. Viaggerò con te e con i miei pensieri che non smetteranno mai di seguirmi. Ti amerò, ti amerò ancora e per sempre, ovunque saremo, da qualsiasi riva guarderò i tuoi occhi.

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