martedì 27 luglio 2010

Ad Est Intervista Giuseppe Livatino

di Luca D'Anna
Padre Livatino, lei si trova a Raffadali ormai da parecchi mesi. Vorrei chiederle, a questo proposito, qual è stata l’impressione che il tessuto sociale del nostro paese le ha dato, anche in riferimento a sue esperienze precedenti della realtà raffadalese.
Il tessuto sociale di Raffadali si è presentato subito ai miei occhi in maniera frammentata. L’esperienza che avevo di Raffadali e della sua dimensione culturale e sociale, in passato, era diversa e più equilibrata. Oggi vi è un’attenzione eccessiva alle proposte che il mondo fa, proposte che mirano a sovvertire i valori di carattere sociale, civile e culturale. Ho trovato il tessuto sociale snaturato e questo si può leggere nelle devianze che sono sotto gli occhi di tutti, anche se molti fanno finta di non vedere. Ci sono problemi sociali di carattere rilevante che non ricevono risposta dalle istituzioni: aldilà delle povertà materiali ci sono povertà di carattere spirituale alle quali non si sta prestando la giusta attenzione.
Uno dei primi problemi con cui si è dovuto confrontare è stata l’annosa questione della riapertura della Chiesa Madre: sembrava che i lavori fossero ormai prossimi a concludersi quando si è diffusa la notizia di nuovi ritardi a causa di varianti apportate dalla sovrintendenza. Cosa ci può dire al riguardo?
La sovrintendenza ha cambiato idea sul tipo di pavimento da realizzare. Questo comporta ulteriori ritardi nella consegna della Chiesa Madre. Voglio puntualizzare che già a novembre sarebbe dovuto avvenire il passaggio di consegne dei lavori tra la ditta incaricata dalla sovrintendenza e quella incaricata dal comune. Per i ritardi della sovrintendenza si è operata solo una consegna parziale, la quale a sua volta ha causato ulteriori rallentamenti. La consegna definitiva dei lavori, in definitiva, è avvenuta solo nel mese di aprile. Gli anni di incuria e abbandono e le lentezze burocratiche hanno poi causato danni per riparare i quali è stata necessaria una perizia di variante, che ovviamente ha comportato un ennesimo rinvio nel completamento dei lavori. Diciamo che se ciascuno avesse rispettato i tempi previsti la Chiesa sarebbe stata sicuramente riconsegnata ai fedeli raffadalesi già nel mese di marzo.
Cambiando completamente argomento, molti siciliani hanno ancora negli occhi le immagini di papa Giovanni Paolo II che, in una Valle dei Templi gremita, tuona contro la mafia. Sono passati 17 anni da allora e, nonostante gli arresti e i colpi inflitti a Cosa Nostra, gli ultimi due presidenti della regione sono stati in vario modo coinvolti in vicende riguardanti la mafia. Pensa che la Sicilia sia una terra irredimibile? E cosa ha da dire oggi la Chiesa al riguardo?
La Chiesa ripete ancora quello che la Parola di Dio proclama: non indugiate sulla via dei malfattori! Non indugiate a comportamenti omertosi di fronte al male che ci circonda. Lo dicono il Magistero Pontificio e la Conferenza Episcopale Siciliana, l’ha ribadito anche il Concilio Vaticano II: il cristiano è posto come una città sopra un monte, perché sia di esempio. Il suo comportamento non può rivelarsi come propagatore di tenebre e di errore. Il cristiano ha il compito speciale di impegnarsi per il conseguimento del bene comune. Tutto ciò che ha a che fare con atteggiamenti di connivenza, indifferenza o perfino paura nei confronti della mafia è un atteggiamento che va contro il Vangelo di Cristo. Rispetto a tutto ciò non ci possono essere né alibi né attenuanti, per nessuno. Il cristiano è chiamato a vivere secondo i valori della giustizia che il Vangelo indica a coloro che credono in Cristo. Come messaggio positivo possiamo dire che questo popolo ha in sé le caratteristiche storiche e antropologiche per un rinnovamento radicale della politica stessa. Per ottenere questo risultato, però, il siciliano deve scegliere chiaramente da che parte stare.
In un momento in cui la “questione morale” travolge i partiti, di fatto privando moltissimi di ogni credibilità, non ritiene che il segno distintivo del cristiano possa essere proprio quello di incarnare un principio di resistenza pacifica, ma radicale contro lo stato di cose presente?
Il cristiano non solo può, ma deve farlo, è chiamato ad essere sale della terra e luce del mondo. Nella politica e nella società deve portare la luce del messaggio di Cristo. Strumentalizzare il Vangelo per fare carriera in politica o nella società, al contrario, è un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio.

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