di Gaetano Alessi
Due notizie: una buona e una cattiva. Prima quella cattiva, così ci togliamo il pensiero. In realtà è una serie di considerazioni e analisi attorno alla realtà che ci circonda. Potremmo presentarvi sondaggi, grafici, numeri ma ci affidiamo ad un’analogia con la speranza che tutti capiscano (a chi non capisce ricordiamo che spesso basta chiedere). Il governo del nostro paese è un albero morto che quasi nessuno cerca di scuotere. A nulla è servita l’operazione di restyling con l’ingresso di due assessori provenienti da sinistra. Come del tutto velleitarie sono le dichiarazioni d’intenti e i goffi tentativi di rendersi “giuvini”. Per un unico e semplice motivo: l’albero è morto e servirebbe solo tagliarlo. Ma tutto questo di per sé non è una cattiva notizia. E’ lo stato d’arte che preoccupa. La riduzione della vita del cittadino a semplice merce, buona solo per essere acquistata in momenti di campagna elettorale. L’invilimento della macchina amministrativa affidata spesso ad “amici” incompetenti. La creazione a fini politici di un numero enorme di associazioni di commercianti in un paese dove il “commercio” si sta esaurendo a causa di un piano regolatore “affossato” dall’attuale maggioranza. Con le conseguenti cadute professionali, economiche e culturali di tutta la collettività. Le professionalità scappano, gli studenti non tornano, i ragazzi, anche i tantissimi che leggono e sostengono il nostro giornale, sembrano avvolti da un clima di mestizia, di rassegnazione. Sono diventati ospiti a casa loro. Siamo un paese senza futuro, che ha perso quel buono che aveva e che arranca miseramente mendicando, come il peggiore accattone, qualche spicciolo da regione e provincia. La Giunta Cuffaro striscia anche in prospettiva, copia qua e là, crea ordinanze risibili e soprattutto fallisce nel tentativo di creare una sorte di “politica spettacolo” made in Raffadali. Anche questo per due motivi: che di Berlusconi ce n’é uno e che i nostri attori, Silvio Cuffaro in testa, non sono capaci di mettere due parole una dietro l’altra dignitosamente. Hanno avuto spazio nelle tv locali solo perché potevano pagare o perché erano parenti di Totò Cuffaro. Ora che il capostipite “dell’albero morto” va in tv solo per questioni di mafia il loro spazio si è ristretto e vengono pesati per quanto valgono politicamente. Quindi poco o nulla. Poi i “colpi di testa”, più o meno politici, del “nostro” Silvio stanno diventando all’ordine del giorno. La concentrazione del potere in mano ad un'unica persona, l’ex presidente della regione, ha portato a tutto questo. Il problema è che l’albero del potere, seppur secco, continua a gettare radici cattive con il rischio che quel poco che è rimasto di coltivabile a Raffadali finisca per marcire insieme al potere ed al potente, ormai sotto assedio anche dalla polizia tributaria. Questo bollettino di guerra è quello che inquieta e soprattutto, preoccupa la mancanza di una forza politica organizzata e di vera alternativa, che sappia tagliare l’albero morto e soprattutto abbia l’intelligenza di non farselo cadere sulla testa con operazioni avventate. Paolo Vizzì, Aldo Virone, Piero Giglione sanno di “futuro” e forse per questo danno “fastidio”. I dissidenti “interni” al potere come Angelo Salemi, Stefano Iacono Manno e i fratelli Franco e Gaspare La Porta, aldilà delle “chiacchiere” di piazza, non hanno mai avuto il coraggio di uno “strappo”. Altre potenzialità (qualcuno ha dimenticato gli 800 voti di Peppe Contino alle Provinciali?) stanno in attesa. Siamo in una fase di stallo inquietante e dannosa per tutto il paese che dopo otto anni non può stare più fermo. In una intervista a Padre Livatino, che troverete all’interno del giornale, il sacerdote traccia un quadro desolante: “Il tessuto sociale di Raffadali si è presentato subito ai miei occhi in maniera frammentata. L’esperienza che avevo di Raffadali e della sua dimensione culturale e sociale, in passato, era diversa e più equilibrata. Oggi vi è un’attenzione eccessiva alle proposte che il mondo fa, proposte che mirano a sovvertire i valori di carattere sociale, civile e culturale. Ho trovato il tessuto sociale snaturato e questo si può leggere nelle devianze che sono sotto gli occhi di tutti, anche se molti fanno finta di non vedere”. Tessuto sociale snaturato, devianze e disinteresse verso chi è più debole: credo che ci sia poco da aggiungere ma molto da lavorare. Ma non c’era anche una buona notizia? Certo, eccola: questo che leggete è il numero 45 di Ad Est. Un risultato incredibile per un giornale nato senza un soldo e dalla sola volontà in un contesto “nemico” ma potendo contare su qualche buona idea e sulla critica dell’esistente. Le due fonti, a ben guardare, possono essere inesauribili e, anche nei momenti difficili, alimentare il futuro. Quindi la buona notizia è che siamo vivi, che di questo degrado noi siamo anticorpi e che, spesso insieme agli amici di Officina democratica, abbiamo dimostrato di saper tenere il terreno pulito e sgombro da corvi ed erbacce. Ed in attesa che chi ama questo paese trovi il coraggio di dire “presente” noi alimentiamo la “speranza”. Perchè la vita è una narrazione comune, sempre possibile.
Due notizie: una buona e una cattiva. Prima quella cattiva, così ci togliamo il pensiero. In realtà è una serie di considerazioni e analisi attorno alla realtà che ci circonda. Potremmo presentarvi sondaggi, grafici, numeri ma ci affidiamo ad un’analogia con la speranza che tutti capiscano (a chi non capisce ricordiamo che spesso basta chiedere). Il governo del nostro paese è un albero morto che quasi nessuno cerca di scuotere. A nulla è servita l’operazione di restyling con l’ingresso di due assessori provenienti da sinistra. Come del tutto velleitarie sono le dichiarazioni d’intenti e i goffi tentativi di rendersi “giuvini”. Per un unico e semplice motivo: l’albero è morto e servirebbe solo tagliarlo. Ma tutto questo di per sé non è una cattiva notizia. E’ lo stato d’arte che preoccupa. La riduzione della vita del cittadino a semplice merce, buona solo per essere acquistata in momenti di campagna elettorale. L’invilimento della macchina amministrativa affidata spesso ad “amici” incompetenti. La creazione a fini politici di un numero enorme di associazioni di commercianti in un paese dove il “commercio” si sta esaurendo a causa di un piano regolatore “affossato” dall’attuale maggioranza. Con le conseguenti cadute professionali, economiche e culturali di tutta la collettività. Le professionalità scappano, gli studenti non tornano, i ragazzi, anche i tantissimi che leggono e sostengono il nostro giornale, sembrano avvolti da un clima di mestizia, di rassegnazione. Sono diventati ospiti a casa loro. Siamo un paese senza futuro, che ha perso quel buono che aveva e che arranca miseramente mendicando, come il peggiore accattone, qualche spicciolo da regione e provincia. La Giunta Cuffaro striscia anche in prospettiva, copia qua e là, crea ordinanze risibili e soprattutto fallisce nel tentativo di creare una sorte di “politica spettacolo” made in Raffadali. Anche questo per due motivi: che di Berlusconi ce n’é uno e che i nostri attori, Silvio Cuffaro in testa, non sono capaci di mettere due parole una dietro l’altra dignitosamente. Hanno avuto spazio nelle tv locali solo perché potevano pagare o perché erano parenti di Totò Cuffaro. Ora che il capostipite “dell’albero morto” va in tv solo per questioni di mafia il loro spazio si è ristretto e vengono pesati per quanto valgono politicamente. Quindi poco o nulla. Poi i “colpi di testa”, più o meno politici, del “nostro” Silvio stanno diventando all’ordine del giorno. La concentrazione del potere in mano ad un'unica persona, l’ex presidente della regione, ha portato a tutto questo. Il problema è che l’albero del potere, seppur secco, continua a gettare radici cattive con il rischio che quel poco che è rimasto di coltivabile a Raffadali finisca per marcire insieme al potere ed al potente, ormai sotto assedio anche dalla polizia tributaria. Questo bollettino di guerra è quello che inquieta e soprattutto, preoccupa la mancanza di una forza politica organizzata e di vera alternativa, che sappia tagliare l’albero morto e soprattutto abbia l’intelligenza di non farselo cadere sulla testa con operazioni avventate. Paolo Vizzì, Aldo Virone, Piero Giglione sanno di “futuro” e forse per questo danno “fastidio”. I dissidenti “interni” al potere come Angelo Salemi, Stefano Iacono Manno e i fratelli Franco e Gaspare La Porta, aldilà delle “chiacchiere” di piazza, non hanno mai avuto il coraggio di uno “strappo”. Altre potenzialità (qualcuno ha dimenticato gli 800 voti di Peppe Contino alle Provinciali?) stanno in attesa. Siamo in una fase di stallo inquietante e dannosa per tutto il paese che dopo otto anni non può stare più fermo. In una intervista a Padre Livatino, che troverete all’interno del giornale, il sacerdote traccia un quadro desolante: “Il tessuto sociale di Raffadali si è presentato subito ai miei occhi in maniera frammentata. L’esperienza che avevo di Raffadali e della sua dimensione culturale e sociale, in passato, era diversa e più equilibrata. Oggi vi è un’attenzione eccessiva alle proposte che il mondo fa, proposte che mirano a sovvertire i valori di carattere sociale, civile e culturale. Ho trovato il tessuto sociale snaturato e questo si può leggere nelle devianze che sono sotto gli occhi di tutti, anche se molti fanno finta di non vedere”. Tessuto sociale snaturato, devianze e disinteresse verso chi è più debole: credo che ci sia poco da aggiungere ma molto da lavorare. Ma non c’era anche una buona notizia? Certo, eccola: questo che leggete è il numero 45 di Ad Est. Un risultato incredibile per un giornale nato senza un soldo e dalla sola volontà in un contesto “nemico” ma potendo contare su qualche buona idea e sulla critica dell’esistente. Le due fonti, a ben guardare, possono essere inesauribili e, anche nei momenti difficili, alimentare il futuro. Quindi la buona notizia è che siamo vivi, che di questo degrado noi siamo anticorpi e che, spesso insieme agli amici di Officina democratica, abbiamo dimostrato di saper tenere il terreno pulito e sgombro da corvi ed erbacce. Ed in attesa che chi ama questo paese trovi il coraggio di dire “presente” noi alimentiamo la “speranza”. Perchè la vita è una narrazione comune, sempre possibile.
Leggi Ad Est
Sostieni Ad Est
Nessun commento:
Posta un commento