lunedì 27 settembre 2010

Cuffarismo: Il Mostro Rantola..

Giorgio Santelli - Giornalista Rai- Articolo 21
Il mostro rantola, si contorce. Come una bestia ferita, diventa pericoloso. Il mostro è l’arroganza che perde il potere ed il consenso. E i colpi di coda finali dell’arroganza sono più rischiosi di quando chi la esercitava era nel pieno della potenza. Allora c’era l’arroganza di un potere conquistato da poco, di una vicinanza di popolo ed elettori; la forza di chi, vittorioso, considerava il nemico politico una innocua appendice, da schiacciare come un piccolo insetto. Metaforicamente, ovviamente, senza bisogno di sopprimerlo, se non psicologicamente. Facendolo sentire isolato, marginale, solo, incompreso e ininfluente dal punto di vista politico. Facendogli mancare la terra intorno, comprando anche politicamente chi, tra le fila dei nemici politici, era pronto al salto della quaglia per trovare un posto sul carro del vincitore. Ma i resistenti hanno fatto resistenza. Fuori e dentro la Sicilia, fuori e dentro Raffadali, fuori e dentro quel paesone agrigentino diventato simbolo perché affidato al vassallo più vicino: il fratello del vincitore. E proprio perché capitale del regno dell’arroganza non doveva avere forme di dissenso. Così i resistenti si sono organizzati: con la presenza di Ad Est casa per casa, con una forte presenza on line, su cui le voci libere potevano scrivere di cose siciliane in piena libertà dai luoghi più diversi dell’Italia, come se fossero in esilio. Per dire che “vale la pena di resistere, di raccontare, di spiegare al popolo ammaliato, agli elettori incantati, che il governo siciliano dei Cuffaro avrebbe messo in ginocchio la Sicilia”. Oggi si è ad un passo dalla fine del cuffarismo. Il governo della forza e dell’arroganza – come avviene anche a livello nazionale – quando si avvia al tramonto, perde da subito i propri colonnelli. Perché il governo dell’arroganza non ha amici ma servitori, e quando perde potere e consenso, i servitori diventano i primi nemici. Non è più, oggi, il tempo in cui si risponde alla mafia indossando una coppola e facendo il mafioso per scherzo, perché al potente è tutto permesso. Né più è il tempo in cui, forte del potere, pur condannato, si regalava i cannoli. Il tempo dei cannoli è ormai, per lui, solo un dolce ricordo. Oggi è il cuffarismo a sentirsi isolato, solo, minato. E i colpi di coda dell’arroganza ferita possono essere letali. Il potere acceca, ma la perdita del potere rende cattivi. E si è disposti a tutto, pur di far male, e colpire quel manipolo di resistenti che sono, per lui, i veri colpevoli della sconfitta. Perché chi ha esercitato l’arroganza non si interroga mai sulle proprie responsabilità. Non può pensare di essere carnefice di sé stesso. Anche se questo è. La fine dell’epoca di Cuffaro va rintracciata solo nel cuffarismo. Per questo noi di Articolo 21, siamo qui per dire che le fila di quel manipolo di resistenti si sono ampliate, sono diventate armate di libertà, perché Raffadali è in ogni paese e città d’Italia, perché quel che succede lì, gli attacchi alla libertà di stampa che vengono fatti al gruppo di Ad Est, e come se fossero fatti ad ognuno di noi, ai giornalisti liberi, alla politica seria, di destra, di centro e di sinistra, che non ne può più della politica ad personam, di chi ha fatto della Sicilia roba sua. “Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all'anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: — Roba mia, vientene con me!” No! Nessuno toccherà “Ad Est”, nessuno spegnerà, nei giorni del tramonto dell’arroganza, le voci libere di Raffadali, di Agrigento e della Sicilia. Lanciamo un appello, su Articolo 21, e dichiariamoci tutti dalla parte degli animatori di Ad Est, membri effettivi di quell’esperienza. Chiediamo a Ossigeno per l’informazione di presidiare la sicurezza di quei giornalisti o blogger che in questa fase potrebbero essere minacciati, intendendo, per minaccia, anche il metodo sempre più utilizzato di querele che hanno come compito principale quello di intimorire chi prova a raccontare vicende scomode. Vigiliamo tutti insieme, e se necessario insieme verremo a Raffadali. Perché ogni atto contro di loro Ad Est è un atto contro noi tutti. Perché la libertà non è roba di nessuno, ma roba di tutti.
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