di Agostino Spataro
In questa “magnifica desolazione” cui è stata ridotta la Sicilia, sembra che anche il dibattito politico pubblico sia scomparso, inabissatosi in una sorta di nuovo artificio minoico, in un labirinto degli intrighi e delle ambiguità.
Non sappiamo quasi più nulla delle reali intenzioni dei partiti e dei loro esponenti. Tutto avviene in incontri spesso informali, casuali o sui blog.
In realtà, il confronto si svolge nel labirinto sopra accennato, dove, in questi giorni, il presidente Lombardo sta tentando d’inventarsi un governo. Il quarto in poco più di due anni.
Come il solito, egli pensa di cavarsela facendo leva sulle divisioni interne, sulla destrutturazione dei partiti, ad arte incoraggiate, per continuare, col suo 15%, (unico caso in Italia) a fare e disfare i giochi politici e di potere nell’Isola.
E poco importa se, nel frattempo, ai vecchi disastri se ne aggiungono di nuovi. Quotidianamente.
Dopo la decisione di chiudere la Fiat di Termini Imerese, oggi è la volta dello stabilimento Eni di Gela, dove sono stati notificati quattrocento “esuberi” e una riduzione degli investimenti concordati che andranno a colpire fortemente l’occupazione diretta e dell’indotto.
Questo è l’ultimo caso, nel settore industria.
In altri comparti (agricoltura, turismo, commercio, artigianato) e nei servizi (scuole, sanità, trasporti, viabilità, ecc) le cose vanno male, anzi malissimo. Per tutti ricordiamo la grave perdita di posti nel precariato della scuola e il caso del policlinico di Messina, che ormai solo l’assessore Russo rifiuta di considerare come episodio di malasanità.
Insomma, la situazione precipita, si continuano a perdere migliaia di posti di lavoro, quote di redditi medi e bassi e servizi essenziali e anziché correre ai ripari governanti e partiti cincischiano con formule stravaganti, banali, equivoche e, fino ad oggi, inconcludenti.
Invece di riforme vere (quelle sventolate sono solo titoli vuoti), di alleanze politiche chiare, definite e strategiche per portare la Sicilia fuori dalla crisi si continua a tirare a campare. Almeno fino alle probabili elezioni politiche anticipate.
Questo è lo scopo evidente della girandola d’incontri che il governatore sta svolgendo fra Roma e Palermo. Ovviamente, egli può incontrare chi vuole, ma, giacché in gioco c’è il futuro della Sicilia, dovrebbe spiegare al popolo una contraddizione insanabile: perché nel suo blog si aizzano i siciliani contro gli “ascari” del governo Berlusconi che ha bloccato i fondi Fas e disatteso impegni importanti a favore dell’Isola e poi si fa la fila a palazzo Grazioli per riconfermare il suo appoggio a quel governo così inviso e “traditore”?
Una doppiezza palese, dilatoria che in altri contesti e circostanze sarebbe stata stroncata sul nascere. Invece, c’ è chi continua a sperare (in che cosa?), ad alimentare un equivoco politico e un' impasse amministrativa insopportabile, specie in un momento di così acuta criticità.
I siciliani, lavoratori, disoccupati e imprenditori, attendono risposte adeguate alla gravità della crisi e non gratuiti proclami autonomistici e atteggiamenti vittimistici. Troppo comodo!
Per altro, in queste critiche non c’è nulla di personale. Si vuole soltanto stigmatizzare una pratica politica e un metodo di governo discutibili, unilaterali che hanno deluso le aspettative dei siciliani e degli stessi alleati di governo e appesantito una realtà che sta sfuggendo di mano; evidenziare il dualismo di fatto creatosi fra tornaconti politici e d’apparati e interessi popolari.
Che la regione sia in panne e che la Sicilia stia affondando con essa è cosa evidente e dai più condivisa. Cos’altro dovrebbe accadere perché governi e partiti si accorgano del dramma che stanno vivendo i siciliani?
Tuttavia, oggi, il problema è il varo della nuova giunta che Lombardo ha promesso per la prossima settimana. Con quali forze? Con quali programmi e organigrammi? Misteri.
Permanendo nell’ambiguità non sarà facile sciogliere il groviglio. Tanto più se si farà dipendere la soluzione dagli altalenanti eventi romani.
I n una condizione normale, tutto sarebbe più semplice: un presidente senza più la maggioranza che lo ha eletto ne prende atto e passa la parola al popolo sovrano. Purtroppo, in Sicilia si pensa che si possa violare la regola democratica. Fino a quando?
Se ai partiti resta un barlume di coerenza con i principi proclamati, almeno devono chiedere a Lombardo una scelta inequivocabile, in un senso o nell’altro.
Soprattutto il PD dovrebbe porsi, coerentemente con la battaglia combattuta nell’ultima campagna elettorale, in una posizione di alternativa radicale al sistema di potere di Lombardo.
Ma se qualcuno, in quel partito, crede davvero che l’alleanza con Lombardo sia un’occasione da non perdere per far passare tre o quattro riforme fondamentali per l’avvenire della Sicilia, adesso ha un’opportunità unica, forse irripetibile, per mettere il governatore di fronte ad un aut aut secco, non negoziabile: o si vara un governo politico (non tecnico) composto e sostenuto da MpA, UDC e PD oppure il Partito Democratico esce dall’ambiguità e chiude tutti canali di dialogo, ufficiali e sotterranei, per costruire, dall’opposizione, un’alternativa al centro destra diviso e in affanno.Purtroppo, sappiamo che questo non accadrà, e dunque prepariamoci a un lungo attraversamento di questa palude che, giorno dopo giorno, inghiotte le speranze dei siciliani.
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