lunedì 15 novembre 2010

Ai piedi di una Gru.





Maria Elana Scavariello x AdEst





Bisognerebbe osservare attentamente la politica italiana, degli ultimi venti anni, per capire bene tutto quello che sta succedendo a Brescia. Che ci piaccia o no la realtà è semplicemente il frutto dell'operato dell'uomo. In una fase profondamente attraversata da una crisi endemica e strutturale del sistema economico, ciò che conterebbe di più è che la realtà rimanesse saldamente ancorata al diritto, quel diritto costruito nelle lotte di uomini e donne, che duramente hanno dovuto affrontare innumerevoli sforzi, prima di assistere alla nascita di un sistema di tutele che sancisse l' uguaglianza e la libertà di ciascun essere umano. Per questo piace ricordare quello che recita l'articolo 3 della nostra Costituzione repubblicana: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Chi meglio di un giovane ventenne riesce a percepire, sulla propria pelle, questa situazione di precarietà a cui il mondo ci espone, a cui il sistema, costantemente ci costringe ad abituarci? Chi se non un cittadino deve affrontare il peso della responsabilità che tutti abbiamo nei confronti della storia? Reagire in questi casi equivale a costruire, partecipare attivamente per evitare che chi ci governa dimentichi quali sono i principi sommi del nostro ordinamento, ai quali deve sottostare nello svolgimento del proprio mandato. Fortunatamente l'abitudine è il prodotto di una pratica continua e ripetuta nel tempo, di modo che le azioni entrino a far parte di patrimonio etico e morale della società civile, così gli episodi di rifiuto e negazione, dello stato di cose presenti, che siano messi in atto da migranti e che siano poi sostenuti da enormi fette della società, non possono che farci sorridere, spalancando le speranze verso un orizzonte più vasto, migliore. Costruito sul rigetto della corruzione, sull'esaltazione dell'uomo in quanto essere sociale, che riesce ad anteporre la ragione agli istinti e alle paure primordiali, che riesce a concepire l'integrazione come un valore, come fattore di perfezionamento e completamento della società. Solo rinnegando, se è necessario anche con forza, le soluzioni equivoche dettate dallo smarrimento e da una analisi superficiale delle problematiche, si può perseguire l'unica strada possibile, l'unico percorso che ci permetta di evitare questa guerra tra poveri utile a generare solo sentimenti di razzismo e discriminazione. A Brescia, come a Bologna, come in gran parte d’Italia abbiamo assistito ad un imponente manifestazione di solidarietà, nei confronti di chi ha tutto il diritto di pretendere che le dignità dell'uomo vengano rispettante in qualsiasi angolo del pianeta. Affermare che non si può legare la possibilità di riscatto, la speranza in una vita dignitosa, la prospettiva di un miglioramento delle proprie condizioni, al rinnovo di un contratto di lavoro, contemporaneamente significa rifiutare quella logica che vede e propugna il rispetto dell'"altro" solo quando questo ci è necessario, solo quando sia pronto a chinare la testa accettando, senza condizioni, lavori e mansioni che ormai gli italiani non vogliono più svolgere. Costringere tutta quella gente, che ormai vive al fianco dei cittadini italiani da anni, a tornare in patria, dopo la cessazione di un contratto di lavoro significa rifiutare di farci carico di quel dovere impostoci dalla Costituzione, di rimuovere tutti gli ostacoli che limitano la libertà e l'uguaglianza tra cittadini. Una nuova globalizzazione, quella dei diritti, ci impone una riflessione ferrata sulle scelte di certi ministri, che pur di ricoprire incarichi di prestigio per vivere sommersi dai privilegi, nel mondo di chi non va mai in cassa integrazione, perchè ha subito accesso alla pensione, sono pronti a lanciare crociate di ogni sorta, nel nome di un popolo che essendo ormai in balia degli eventi e in completa deriva, sente la necessità di dare un spiegazione alle proprie sofferenze, il bisogno di trovare un capro espiatorio. D'altra parte cosa possiamo aspettarci da una società che ha perso capo, capi e ragione, con un parlamento in cui l'opposizione non si oppone, anzi, prende le distanze da quella componente che ancora resiste, da chi come il sedici ottobre è sceso in piazza protestando contro la violazione dei propri diritti, per la riaffermazione di un principio sacrosanto per il quelle le dignità umane non possono mai essere subordinate alla produttività. Cosa possiamo aspettarci da una società che non riesce neanche a reagire ai tagli all'istruzione, alla cultura e alla demolizione del sistema di welfare, ed accetta che le poche risorse a disposizione siano impiegate nell' acquisto di missili di ultima generazione e missioni di pace. Di fronte a questo smarrimento generale, l'unica cosa che ci viene da pensare è che la sola speranza sia riposta lì, nelle mani di chi non avendo più nulla da perdere è disposto a lottare con tutte le proprie forze, riuscendo ad arrivare addirittura su una gru, per gridare la sua sofferenza al mondo intero, e noi che stiamo giù ad ascoltare chissà quando avremo la forza di guardare il faccia la realtà e renderci così conto che stiamo collezionando solo una innumerevole serie di errori.

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la foto è per gentile concessione di Michele Lapini www.flickr.com/lapo

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