venerdì 3 dicembre 2010

Vivi e Morti

di Gaetano Alessi

Non sono un cattolico, ma credo che far litigare i morti sia una cosa orrenda, bassa, misera. Ancor peggio far litigare i vivi con i morti. Questo è il tentativo di qualche “amministratore” nel caso dell’intitolazione della biblioteca comunale di Raffadali. Come se la scelta di un nome potesse creare fazioni, come se dall’ambito culturale si uscisse per diventare ultrà di una parte. Le voci, le allusioni per cui chi propone il nome di Salvatore Di Benedetto (tra cui noi) non rispetti la memoria d’altri personaggi della cultura e della poesia del nostro paese sono indegne di una classe politica che incapace di una scelta tenta di far litigare appunto i vivi con i morti. Come Ad Est non ci stiamo. Siamo per lo scontro aperto, sul campo, franco e chiarificatore, aborriamo lo squallore della voce fuori scena, della pulce nell’orecchio. Questi vocii continui di piazza, questo chiamare in disparte per dire “Noi vorremmo, ma per colpa di chissi di Ad Est…..”, tracciano una pista che non ci appartiene. Noi facciamo attività sociale, lanciamo allarmi, svolgiamo attività di stimolo, chiediamo, come dovrebbe tutti, conto di come sono gestiti i nostri soldi, di cosa si troveranno i nostri figli nel futuro, cerchiamo di capire quale sarà la Raffadali di domani e su quali “riferimenti etici” si baserà lo sviluppo culturale e sociale. Da questo nasceva la proposta di Di Benedetto, dal fatto che in tutta Italia la Raffadali in positivo fosse rappresentata con la sua attività culturale e politica (quella in negativo ha anche personaggi cui andrebbe dedicata solo una cella all’Ucciardone). Da un ragionamento per il “futuro” avevamo semplicemente fatto una proposta, frutto anche della considerazione che essendo la biblioteca dotata di tante sale si sarebbero potute intitolare, in maniera tematica, a chi ha reso onore al nostro paese. Tutto lì. Una proposta, che presuppone un sì o un no, non un verminaio di voci di sottofondo. Su queste questioni noi non facciamo “battaglie”. Perché non abbiamo medagliette da mettere al petto e non speculiamo sulla memoria di nessuno. Non speculiamo sul dolore sbattendolo in prima pagina solo per fare “notizia” com’è successo recentemente. “Tintu cu mori” diceva Sciascia, perché le sue parole diventano, in alcuni casi, cibo per gli avvoltoi. Facciamo un passo indietro allora, ritiriamo anche la proposta d’intitolazione a Salvatore Di Benedetto, lasciamo che l’assessore Tarallo e la Giunta decidano “liberamente” senza pressione, in base alle sensibilità. Evitiamo così che il Sindaco debba semplicemente sottoscrivere un comunicato scritto dal vice sindaco, evitiamo che la fretta li induca a far approvare il regolamento della biblioteca senza la lettura degli emendamenti in consiglio comunale (ma il segretario comunale cosa fa?), evitiamo che per decidere si debbano costituire commissioni su commissioni che servono solo a perdere tempo, evitiamo tutto. Evitiamo soprattutto che per incapacità di decidere e squallore umano si mettano in giro voci indegne. Noi non litighiamo con i morti. Sono la nostra guida e in alcuni casi sono sempre con noi, ogni volta che leggiamo le loro parole o le loro poesie.


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