sabato 12 febbraio 2011

Tanti piccoli mattoncini

Di Paolo Vizzì

A demolire un palazzo si fa presto, basta una ruspa, dell’esplosivo o il Kamikaze di turno e sono soltanto macerie. Costruire è più complesso, ci vuole un buon progetto, l’approvazione di tanti e soprattutto buone mani per metterlo in pratica. Un cocktail spesso difficile da ottenere, perché, come in tutte le cose della vita, sono gli uomini a fare la storia ed un buon progetto non vale nulla se resta tale. Noto con tanto dispiacere che di buone idee al momento ne vedo poche, parlo di Raffadali, o probabilmente finora non vi è stato modo di poterle tirar fuori, impegnati come siamo stati a guardare la punta del dito senza mirare al suo indirizzo. E’ giunta l’ora di alzare lo sguardo e soprattutto la testa, non per mostrare il petto, ma per guardarsi in faccia ed iniziare a comunicare sviluppando i germi del pensiero che da troppo tempo riposano al calduccio dei nostri ormai troppo televisionati cervelli. Raffadali possiede una quantità di risorse intellettuali non indifferenti, ma una grossissima parte di queste si rifiutano di affiorare, soffocate come sono dalle necessità quotidiane e dalla frustrazione del pensiero causata dalla ormai dilagante semplificazione dei concetti e dalla sloganizzazione (neologismo) dei dialoghi. – inciso: Gli scambi di battute nel confronto politico nazionale sono talmente standardizzati che si può tranquillamente prevedere cosa risponderanno gli uni agli altri su ognuno dei singoli argomenti oggetto di discussione. Siamo quasi al pensiero unico. Così la gente capisce meglio –

Nel nostro paesello, che non è l’ombelico del mondo, il dialogo, lo scontro dialettico, lo scontro delle idee, il confronto serrato o come lo si voglia chiamare è ancora possibile. Allora facciamolo! Ad Est, qualche tempo fa ha affisso un publico manifesto con una serie di idee per Raffadali che volevano essere una porzione di quel germe che noi vogliamo far diventare pianta rigogliosa. Io adesso però voglio presentare il metodo che ritengo ancora più importante delle stesse idee. E’ il metodo del confronto politico che purtroppo è considerato un polveroso orpello d’epoca passata, ma che in realtà dovrebbe essere riportato a lucido per essere applicato fin nella sua essenza di mezzo per il raggiungimento della giusta sintesi tra le diverse sensibilità. La verità rivelata non è di questo mondo e non appartiene a nessuno. Parlo di metodo poiché siamo già da tempo in campagna elettorale e la partita da giocare è essenziale per il futuro di Raffadali. Concordo con il mio caro amico e maestro baffuto che soltanto immaginando Raffadali tra cinquanta anni si possa agire efficacemente su quella di oggi. Questo approcio è di metodo perché contestualizza tutta la discussione su una prospettiva che almeno nelle linee generali deve essere condivisa, ma anche analiticamente approfondita. Le coalizioni, è metodo, dovranno nascere con questo criterio, non vale a nulla la somma aritmetica delle disponibilità personali di suffraggio, in questo caso non si farebbe un servizio ai cittadini, si affosserebbero ulteriormente le possibilità che i nostri figli possano trovarsi un comune migliore di come è stato consegnato a noi. Un dato sul quale vorrei far riflettere tutti e che da tempo propongo all’attenzione di tanti: Raffadali vive da troppo tempo di stipendi da lavoro statale dipendente, il numero dei pensionamenti supera enormemente quello delle nuove assunzioni. Nessuno si può permettere che questo andazzo si perpetui, sarebbe la morte sociale. L’invito è quindi ad abbandonare la logica del progetto aritmetico per riproporre quella del progetto politico che possa dare ad ogni cittadino la possibilità di essere attore dando il proprio contributo ad uno degli obiettivi obbligatori, la costruzione di un nuovo tessuto economico.

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