domenica 31 marzo 2013

Non siamo tutti uguali


di Gaetano Alessi

Esiste una parte di questo paese che da alcuni anni si sente fuori luogo. Uno spezzone di società che con lo scorrere del tempo non si è fatto corrompere dal Craxismo rampante, dal berlusconismo becero, dal Veltronismo buonista e da tutti i populismi che da trent'anni ad ondate violentano il nostro paese. Tre decenni in cui tutti i valori fondanti del nostro paese sono stati messi in discussione, dove la coesione civile, il senso stesso di essere “comunità” è stato visto come un offesa al “NUOVO”, dando quella netta sensazione che il mondo stesse cambiando e cambiasse sempre in peggio. Le donne da madri della “Costituzione” sono diventate soprammobili istituzionali, gli anziani buoni solo per essere rottamati, il futuro dei giovani merce di scambio con i mercati internazionali. Eppure questa parte della società ha resistito, spesso cercando di coniugare la forza della ragione con il coraggio dell'utopia, è stata pian piano esclusa dai partiti e si è rifugiata nei movimenti, nelle associazioni, nel giornalismo di base e spesso è diventata motore dell'antimafia sociale. Eppure questo frammento sfilacciato di idee e passioni comuni è riuscito col tempo a seminare fiori nel deserto, ha trovato il coraggio di continuare a porre il tema del “bene comune” come antidoto alle barbarie. Una parte della società italiana che non è stata in grado di incanalare la richiesta di ribellione che monta nel paese in un vasto percorso democratico, ma è riuscita a mantenere saldo il senso delle istituzioni e soprattutto a dimostrare che “non siamo tutti uguali”.
L'elezione, e soprattutto gli interventi, di Grasso e Boldrini come presidenti di Senato e Camera, dimostrano che quel frammento di società ha fatto bene a non arrendersi negli anni. Vedere che al posto dell'uomo che da il suo nome ad una delle leggi più selvaggie di questo paese come la Bossi/Fini, siede la “sorella degli ultimi” Laura Boldrini e che, a succedere a Renato Schifani, avvocato tra gli altri di Giovanni Costa, mafioso con otto beni confiscati solo a Bologna, si sieda Pietro Grasso, da il senso di tanti lustri di lotta e speranza.
L'intervento di Laura Boldrini ha in venti minuti cancellato venti anni di berlusconismo. I poveri, le donne, l'antifascismo, la solidarietà, enunciati come valori fondamentali della politica e delle istituzioni. 
Pietro Grasso ha invece lanciato una sfida a quell'intreccio che lega in questo paese economia, politica, mafie e giornalismo corrotto. Una sfida che a molti è sfuggita ma che Grasso ha affidato alle parole di Rosaria Costa, moglie di Vito Schifani, poliziotto ucciso nella strage di Capaci: “Rivolgendomi agli uomini della mafia, perché ci sono qua dentro (e non), ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c'è possibilità di perdono: io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare...Ma loro non cambiano... [...] ...loro non vogliono cambiare... “. Una sfida quella del nuovo Presidente del Senato che vale un'intera vita e che da un senso a tutti quegli uomini e quelle donne che in questo paese si battono dentro e fuori dalle istituzioni contro la criminalità organizzata.
Boldrini e Grasso come un fresco profumo di libertà in un paese che aveva bisogno di essere rappresentato da gente perbene.
Senza dimenticare che qualcuno li ha prima candidati e poi eletti ed anche in questo sta la differenza che ci porta a dire che no, non sono tutti uguali.

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