di Luigi Ciotti
Non dovrebbe esserci bisogno di mettere accanto alla parola “informazione” l’aggettivo “libera”. Perché l’informazione o è libera o, semplicemente, non è informazione: è propaganda, marketing, falsificazione.
Eppure, mai come in questi anni, è necessario specificare, puntualizzare. Denunciare, se occorre. La parola è troppo spesso imbrigliata, le penne spuntate, le cronache monche o pilotate.
In un mondo divenuto globale, governato dalla preminenza del mercato e della finanza, dove anche la persona viene spogliata della sua centralità e trasformata in merce, anche l’informazione troppo spesso è piegata a interessi e logiche diverse da quelle della verità.
C’è una cattiva informazione che deriva dalla disonestà dell’analisi e dalla perdita di oggettività, e ce n’è un’altra che dipende dall’omissione della realtà, dal nascondere fatti e aspetti che caratterizzano la vita sociale in tutte le sue pluralità e differenze. Si tratta di due facce della stessa medaglia, e a farne le spese è sempre la nostra libertà. Libertà di sapere e di scegliere, di conoscere e di decidere, ma anche di raccontarsi.
L’articolo 21 della Costituzione prescrive che tutti abbiano «il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», ma oggi esistono forme di censura più subdole, meno avvertite, di quelle che tradizionalmente caratterizzano i sistemi non democratici. Oggi è debole e compromessa la stessa consapevolezza di quelli che sono i nostri diritti irrinunciabili, si è affievolita la capacità di sapere e comprendere ciò che ci rende pienamente cittadini.
Se il mondo dell’informazione è spesso dipendente dai centri del potere economico e finanziario, e tende a concentrarsi in poche - anzi pochissime - mani, è la stessa libertà di espressione a essere minacciata. Quando c’è opacità e mancanza di vero pluralismo, l’informazione può facilmente diventare uno schermo dietro al quale vengono tutelati privilegi e anche ingiustizie, e così pure possono prosperare indisturbati i poteri illegali, se non direttamente criminali. Basti ricordare i “martiri” del giornalismo d’inchiesta e di denuncia: da Mauro De Mauro a Giancarlo Siani, da Peppino Impastato a Beppe Alfano, da Mauro Rostagno a Cosimo Cristina, da Ilaria Alpi a Giovanni Spampinato, da Mario Francese a Giuseppe Fava, professionisti onesti e coraggiosi assassinati per aver cercato la verità, cui si aggiungono i tanti “imbavagliati”, costretti al silenzio, demotivati o ridotti all’impotenza.
Ma altrettanto lunga, per fortuna, è la lista degli operatori dell’informazione – tra cui molti giovani – che, pur nel precariato esistenziale ed economico, continuano tenacemente a credere e a operare affinché informazione e libertà viaggino sempre assieme, indissolubilmente intrecciati. Credere che senza informazione non vi sia né libertà né democrazia, perché senza libertà e democrazia non ci può essere vera informazione.
Alcuni di questi esempi positivi sono con noi, a cominciare da Roberto Morrione, che presiederà la “Fondazione Libera Informazione” e l’Osservatorio multimediale, portando in essi il peso e la passione della sua esperienza e della sua credibilità.
(Nella foto Don Ciotti a Raffadali (AG) con un pò di Ad Est ....Alfonso Casà, Luigi Plano, Alessandro e Giovanni Nocera..)
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