venerdì 12 dicembre 2008

Margherita e le Altre

di Norma Ferrara*

"Storie di donne e donne che fanno la Storia. Dall’informazione, alla rappresentanza, alla lotta contro mafie. Fra il silenzio e l’urlo, giornalismo, politica e società civile al femminile, decidono di prendere la Parola... per non lasciarla più."


La caffettiera ancora calda sul fornellino della cucina, le cinghie di una cartella che si chiudono, qualche gomitata di troppo tra fratelli. Il sole già illumina Trapani da qualche ora, nel porto le navi dei pescatori attraccano come ogni mattina e la frescura delle giornate primaverili fa il suo ingresso attraverso le persiane in legno, solleticando il viso di una famiglia come tante. E’ l’aprile del 1985 e Margherita, esce dal bagno, si guarda un po’ allo specchio e attende di andare a scuola, con la sua mamma e i due fratellini, Giuseppe e Salvatore, gemellini di sei anni. Sa che la campanella in aula sta per suonare ma i fratelli litigano ancora un po’ e per non fare tardi Margherita decide di andare a scuola con una vicina di casa. Prima di uscire ricorda alla sua mamma, Barbara, che il giorno dopo c’è la gita - “non dimenticarti le fette biscottate” - le ultime parole scambiate con lei.

Ventitre anni dopo Margherita Asta ci va ancora in quella casa e per farlo attraversa con la sua macchina la litoranea di “Pizzolungo” maledetta strada che la madre e i due fratellini imboccarono in automobile nello stesso frangente spazio temporale della morte, quella mattina del 2 aprile del 1985. Una bomba, messa li dai mafiosi del mandamento di Trapani e destinata al giudice Carlo Palermo, li fece saltare in aria. In pochi attimi concitati, nel viso cupo di chi le sta intorno, quello stesso giorno, Margherita capisce che si è trattato di un viaggio senza ritorno. Tutto appare così assurdo ai suoi occhi da bambina di soli dieci anni, i Tg e i commenti dei conoscenti, tanto che le lacrime sembrano ibernate e non riescono a scendere giù per le gote rosse.

Passano i giorni, le ore, i minuti, e quella ragazzina siciliana mette il coraggio sulle spalle, recupera la caparbia dolcezza di mamma Barbara e si rialza in piedi, per non sedersi mai più. Ha tanta rabbia in corpo, ma anche Margherita come molte altre Donne, fra l’urlo e il silenzio, sceglie la Parola. Oggi Margherita impastando lacrime e rabbia, insieme all’associazione Libera, da Trapani a Pordenone, da Torino a Roma, porta la sua storia nelle scuole, fra i ragazzi, e condivide con la società responsabile battaglie per i diritti, la legalità e il contrasto alle mafie, vecchie e nuove.

Margherita come le Donne d’Africa. Donne alle quali è consegnata la rinascita di un continente, ventre del mondo, come ricorda alla due giorni di “ E allora, donne” la missionaria Comboniana Maria Teresa Ratti (direttrice di ComboniFem) in uno struggente appello per la terra d’Africa: “non bisogna solo parlare delle donne d’Africa, bisogna lasciare loro la Parola: per i diritti dell’Africa, perché non venga più considerata una vittima ma un soggetto politico”.

Come Nadia (Lamhaidi) Marina (Arbib), Renata (Nathili_Micheli), Souehir (katkhouda), Sevla (Seydic) donne impegnate con lucidità e tenacia in una battaglia che viene da lontano e che trattiene dentro: cuore, religione e testa, a partire da angoli diversi di uno stesso mondo.

Come le giornaliste italiane, spagnole e francesi intervenute a parlare di politica e informazione, chiamate a raccontare un mondo nel quale ancora troppo spesso le cabine di controllo sono “riservate”. Luci e ombre di un percorso, come ricorda fra le altre - Renata Polverini della UGL - “nel quale quando ci sono meccanismi democratici sul posto di lavoro si va avanti, in tutti gli altri casi no; i piccoli numeri della politica sono una testimonianza viva di questa distorsione”.

Margherita come Bice, con i suoi capelli bianchi e il sorriso che accarezza il cuore, portatrice di parole che non si piegano alla rassegnazione. Allo Zen di Palermo, Bice Salatiello, fra le donne del Sud, vive anche l’altra faccia delle mafie, le mogli, le figlie di mafiosi che sono in carcere, alle quali restituisce una vita in un quartiere dimenticato dalle istituzioni ma non da Cosa nostra che qui arruola ragazzini e uomini per la sua prima fila, fra racket e spaccio di droga. Quella prima fila della morte che lentamente condanna queste donne dello Zen ad una vita senza luce.

Come le Donne che in tutto il mondo chiedono di riprendere la parola, di fare rete , conoscersi e riscoprirsi e che dopo i movimenti degli anni’60 e ’70 - ricorda la storica Paola Gaiotti De Biase - “si sono perse, polarizzate e divise fra emancipazione e famiglia; e che da oggi – sottolineano in diversi interventi Nella Condorelli, Marcella Mariani di Women in the city e Caucus nazionale delle Donne - hanno deciso di riprendere a parlarsi, riappropiandosi di un luogo di confronto, scambio e proposta”. Perché a guardare tutti cambiamenti intorno a loro, verrebbe da dire: “se non ora quando”?

Margherita come le Donne che sanno ancora “ridere delle cose del mondo” e la vignettista Simona Bassano che con raffinata intelligenza, quella della testa e del cuore, da voce agli occhi femminili nascosti sotto al Burka, e dietro ai rifiuti della Campania, la stessa che Saviano racconta in Gomorra, grazie anche alle inchieste quotidiane di una donna, Titti Marrone che - come sottolinea Simona - “non condivide gli introiti con Saviano, ma le minacce dei clan, quelle si”.

Margherita Asta sarà insieme a queste ed altre donne che anche a partire dal prossimo 21 marzo in Campania, sceglieranno la Parola per non lasciarla più. Li dove si incontrano ogni anno, memoria e impegno, aspettando che il Parlamento si ricordi di questo giorno e approvi quello che ormai da più di dieci anni è una realtà, promossa da Libera “21 marzo giornata della memoria e dell’impegno per tutte le vittime delle mafie”.

Margherita e “le altre” prenderanno la Parola nel corteo di Napoli il prossimo 21 marzo, con quella caparbia dolcezza capace di liberare “Etica e bellezza”. E forse non è un caso se: Libera, Parola, Bellezza ed Etica, si declinano tutte al femminile.

* tratto per gentile concessione dell'autrice da http://www.liberainformazione.org/

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