Andiamo con ordine e facciamo un passo indietro.Alcuni mesi fa un bellissimo articolo di "Repubblica" ricordava, con enfasi, i “giorni di Genova” durante i quali partigiani, parlamentari socialisti e comunisti e gran parte dei genovesi proibirono, con una rivolta popolare, lo svolgimento del congresso del Movimento Sociale Italiano. A dare il via alla sommossa fu quello che oggi viene ricordato come uno dei riferimenti etici più alti del nostro paese: Sandro Pertini. L’enfasi di quel pezzo, il crescendo di emozioni durante la lettura, il finale quasi glorioso e storico con i “resistenti” che proibiscono ai fascisti di disonorare una delle città simbolo della Repubblica italiana, indicano chiaramente come la parte “a sinistra” del paese approvò in toto quella ribellione. Ora chiedo, rivolgendomi proprio a quella parte del paese che si richiama a valori progressisti, se gli stessi fatti di Genova fossero accaduti oggi quali sarebbero state le reazioni? Ne abbozzo una: “ Facinorosi bloccano il normale funzionamento della democrazia, impedendo con azioni “squadristiche” la libera diffusione del pensiero”. Con il corollario di dichiarazioni bipartisan di solidarietà ai fascisti sollevati a martiri della patria e l’immancabile ed insopportabile sermone dell’intellettuale left su Repubblica. Cos’è cambiato, a sinistra, per ritenere i fatti di Genova “eroici” e le contestazioni degli ultimi anni “atti di squadrismo”?
Le domande che mi tormentano sono tante, ne elenco alcune pur sapendo che non avrò risposta. Quali sono i limiti di sopportazione di un popolo nei confronti dell’arroganza del potere? Quale la linea di demarcazione tra giusto esercizio di dialettica e sopraffazione? Può un popolo in sofferenza sopportare che un sospettato di collusione con la mafia parli dallo stesso palco di chi si crede l’erede morale di Pio La Torre? Può obbedir tacendo all’idea che il capo di un sindacato italiano stia svendendo non solo il suo presente ma il futuro dei tuoi figli? E davvero una carica, seppur prestigiosa, può ammantare di bello un passato discutibile? Se domani il buon senatore Totò Cuffaro, che riveste anch’egli una carica “onorevole”, dovesse essere nominato dall’Udc “responsabile all’antimafia” dovremmo stare ad ascoltarlo in nome di un eterea “libertà d’espressione”?
Le parole sono come il vento, diventano “reali”, diventano “pesanti” solo se caricate di credibilità. Se chi pronuncia le “parole” non è credibile si espone a contestazioni e non può invocare nessuno scudo. La realtà è che il mondo politico, da destra a sinistra, si è chiuso in un circuito di protezione che ingloba tutto e che è totalmente insofferente alle contestazioni. Soprattutto questo mondo, e quello dell’informazione ormai al guinzaglio, ha smesso di domandarsi da cosa derivi questo malumore crescente. La sofferenza, che ogni giorno cresce nelle strade, nelle scuole, nelle fabbriche. La sofferenza di chi da anni vede peggiorare la propria condizione di vita e che da onesto deve sopportare che i disonesti vadano sui palchi a insegnargli la via. Mortificazione nel vedere ogni giorno le proprie idee stritolate da abbracci e baci di potenti che diventano sempre più potenti. Aprite i quotidiani: le prime otto pagine sono dedicate a gli insulti tra Fini e Berlusconi e i commenti dei sodali e oppositori, forse alla nona troverete la storia di un bravo sindaco ammazzato dalla camorra, dalla decima in giù qualche accenno sulla precarizzazione di tutto, vita, affetti, lavoro. Ma dovete stare attenti a non saltarle quelle pagine perché poi cominciano quelle sportive piene di stelle, tatuaggi, ricchezza e figa. Perché va tutto bene..deve andare tutto bene…
Una classe politica che non sente più i bisogni della propria gente e una classe giornalistica serva del potere (qualunque esso sia) sono i mandanti d’esplosioni di rabbia come quella di Torino. Se non si tornerà ad ascoltare i malumori della gente se non gli si darà valvole di sfogo, le contestazioni da “episodi” diventeranno normalità. “Difenderemo i valori della Costituzione costi quel che costi” diceva Pertini dal palco di Genova proibendo di fatto all’Msi di svolgere il proprio congresso, perché tra una norma legale (far svolgere un assemblea autorizzata) e una legge morale (quella di difendere la memoria di chi aveva sacrificato la vita per libertà) quegli uomini politici scelsero la seconda. Oggi sono i cittadini a difendere le “leggi morali” di questo paese. Se la politica non troverà la forza di diventare nuovamente il “centro” dei bisogni degli italiani i fischi diventeranno boati. Perché non si può chiedere ad un popolo degli onesti già mortificato, di accettare in silenzio di essere anche umiliato.
Gaetano Alessi
Capo Redattore Ad Est
Editorialista Articolo21
Editorialista LiberaInformazione
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1 commento:
bravo Gato... vorrei averlo scritto io. Condivido tutto (e ti "copio" sul nostro blog, spero non ti spiaccia: nel caso fammi sapere che provvedo a cancellare, grazie)
elena
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(scusa se non mi "identifico", problemi con l'account!)
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