venerdì 29 luglio 2011

Una pagina di diario


di Ezio Butticè

È in queste notti vissute in cui pensieri vengono a farti visita che affiora il sentimento di una sconfitta perenne, il pesante fardello di un peso troppo a lungo portato. Condividiamo in tanti questo peso, sembra quasi congenito, molti sono nati sotto questo peso, hanno avuto l’illusione di essersene liberati per ricaderci dentro con la speranza ormai persa di poterne uscire. È la mancanza di speranza che appesantisce le menti di chi nato con la testa china si sente schiacciato sempre di più verso il suolo. A nulla giova ricordare gli antichi fasti, in cui centocinquant’anni fa, la nostra umile, seviziata patria risorgeva da mille vessazioni subite, che da mille furono distrutte. È in queste notti vissute a mirare la terra pensando al cielo che la voce si fa grido, che la rabbia si fa energia, che scrivo queste parole che non vogliono dir nulla, che si spengono nel silenzio. Non è un appello il mio, ne vuole essere un inno, diciamo una pagina di diario, logoro della mia penna che materializza la mia insofferenza. Inutili marionette si aggirano nei nostri palazzi, marionette con la maschera ingannatrice della fiducia di chi promette, di chi sorride davanti al delitto, di chi tace il peccato. Personalità deboli che hanno in mano il Paese, che guidano il nostro Paese, che violentano il popolo. Siamo stati istupiditi, siamo stati condizionati, plasmati come loro credevano di volerci far diventare. Tutti i mezzi, soprattutto quelli di comunicazione, creati per distoglierci dal vero interesse, per renderci deboli, malleabili, duttili ai loro sermoni di gente perbene, di gente corrotta. Ingurgitiamo anche i chiodi di ferro davanti alle loro bocche usuraie, e li difendiamo strenuamente fino al collasso nel loro onore disonorato. Possiamo considerarci vittime? Vedo in questo domanda una punta di masochismo!Sicuramente siamo vittime del sistema che ha lavorato sulle nostre menti, ma noi abbiamo fatto a meno della facoltà di pensiero, abbiamo accettato di tutto, anche la negazione del bene supremo della parola vendendo il nostro voto. Il mio non è un attacco ma uno sfogo tremendo dettato dall’impazienza di chi respira la povertà per strada e stringe i pugni arrendendosi, di chi vorrebbe ma non può, di chi vede lo sfarzo di pochi e la miseria di tanti, di chi studia sapendo di non avere luce nella tenebra. Potranno risultare dure le mie parole ma anche la vita è dura e bisogna affrontarla ogni giorno. Un po’ di coraggio nel leggerle è quello che chiedo perché la verità può risultare ostica e amara alle nostre bocche.Assistiamo oggi allo sfacelo di una nazione divisa in fazioni, in falangi da combattimento pronte alla battaglia senza una guida capace, senza comandante. Vediamo ministri, parlamentari, molti dei quali con la coscienza sporca, parlare di giustizia, fare leggi sulla giustizia. Assistiamo a liti da stadio, grida e insulti in stanze che hanno fatto la storia dell’Italia, che meritano silenzio da preghiera. Vediamo il disordine generale di una montagna dalla cima tremolante. Non si può rimanere impassibili, indifferenti davanti a tanta ipocrisia, davanti a tanta ignoranza. La politica è diventata merce di poco valore in mano a gente di basso valore, cosa hanno loro più di noi? Dobbiamo porci questa domanda, perché loro guidano il Paese, hanno in mano il nostro futuro, diffondono l’informazione, ci mettono in manette, ci accusano di lassismo e ci condannano con la facilità del boia. Loro hanno venduto la dignità, si sono consacrati alla sporcizia del potere di chi li manovra come un puparo sporco nelle membra come nell’anima, che si difende con i mezzi più potenti che costituiscono il nostro maggior servizio che ci rende uniti sotto un'unica bandiera. Abbiamo votato per ottenere la libertà di scegliere tra la monarchia e la repubblica, questo ci ha resi uno stato democratico, abbiamo accettato una costituzione che ci tutela, che sancisce le nostre libertà. Oggi tutto viene calpestato e ridotto in poltiglia, gettato come rifiuto. Un leggero vento entra nella mia stanza, un soffice respiro mi accarezza, un’altra pagina è completa, un altro foglio di carta pronto ad essere girato, aspettando un altro giorno in cui tutto sembra immobile e fermo, in cui tutto ristagna. Un altro giorno nel fondo del barile, un altro giorno di buio.

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