Alzarsi la mattina, come sempre, e stare attento a non svegliare il mio amore. Un bacio sulla spalla e poi via giù dal letto a soppalco che rende una stanza incredibilmente piccola, un po’ meno piccola.
Prendo i pantaloni dalla sedia, litigo con il cellulare che cerca di svegliarmi quando sono già sveglio e passo in cucina. Preparo il caffè, mentre fuori è ancora buio, accendo il pc, guardo la mail, prendo il badge dal ripiano sopra le scarpiere in plastica apro la porta e….ma dove vado?
È il 3 di ottobre, da oggi non ho più un lavoro.
12 luglio, 78 giorni fa. Una riunione, “i capi” che parlano, le solite motivazioni: “c’è crisi”, “il mondo è cattivo” e quella frase “non abbiamo mai lasciato a casa nessuno…” a cui manca il finale “fino ad adesso”. Perché quando inizia il calvario di una “procedura di mobilità” non siamo più uomini e donne, non abbiamo sogni, speranze, amori, siamo “esuberi” e come tali andiamo trattati, con freddezza, con distanza. 78 giorni dopo sono in cassa integrazione e non ho più un lavoro. Non so descrivervi come ci si senta. Scoordinati, inquieti, spesso assenti. I pezzi della tua vita non ritornano, non combaciano. 78 giorni fa, un senso d’isolamento, quasi di vergogna nel guardare la gente che ti vuole bene, e quella risposta sempre pronta, “va bene”, quando è chiaro che non va bene un cazzo, perché qualcuno non può capire cosa vuol dire essere senza lavoro, qualcuno ha dimenticato la bellezza del sentirsi liberi, indipendenti, dignitosi, con le mani piene di calli e la schiena stanca, ma con la testa alta, orgogliosamente alta.
78 giorni e la riscoperta dei “valori”, di quella rappresentanza sindacale avuta più per motivi affettivi che per meriti acquisiti. Dopo due anni passati a leggere buste paghe e sanare discussioni sulle ferie, ti ritrovi in mare aperto, contro corrente, con l’azienda che sembra enorme e tu piccolo, piccolo, cocciuto, nel tentativo di ratificare prima a te stesso, e poi agli altri, che le tue parole ed idee sono consequenziali alle azioni. 78 giorni che sembrano secoli, il panico, la rassegnazione, la determinazione, il silenzio, una trattativa infinita. Le attese tra una proposta ed una contro proposta.
Sapete, le attese sono terribili, quando aspetti sembra che il tempo resti inchiodato. Sorridi, parli, inventi e i tuoi colleghi sono lì a cercare risposte che non hai, a bestemmiare, a mandarti a quel paese. Senti tutta la solitudine di chi sa verità e non le può dire, di chi spera ma non può creare illusioni. Ed i giorni che scorrono, lenti, pensi che tutto crolli e senti un groppo alla gola quando invece vedi i lavoratori alzare la testa, cementarsi, non mollare, crederci. Senti crescere la spavalderia, ora non sei più solo. Vedi incarnarsi in due funzionari della Cgil il vero significato della parola “sindacato”. Ed ogni sera quando torni a casa e ti chiedono “come stai?” il tuo “va bene” diventa sempre più convinto. 12 luglio – 28 settembre la firma. Un grande accordo mi dicono, ”per la prima volta la tua azienda ha aperto la cassa integrazione, bisogna festeggiare”, “che culo!” penso e sorrido nervoso. La mattina dopo al centro per l’impiego di Bologna capisco perché dovrei festeggiare: “signor Alessi, lei è fortunato, prima vengono i senza lavoro, poi quelli in mobilità, poi la gente in disoccupazione, per lei c’è tempo, si riposi”. “Ci provi lei a campare con meno di 800 euro” vorrei rispondere, ma trattengo il respiro, saluto e vado via.
Che paese è il nostro se un uomo deve sentirsi “fortunato” ad essere in cassa integrazione. Dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri devono spartirsi le macerie, sperando di diventare un pò meno poveri degli altri. Amo le utopie,vorrei diritti per tutti, lavoro per tutti. Ma oggi la realtà dice che io sono “fortunato” e questa realtà non mi piace.
78 giorni dopo mi hanno tolto per non specificate “congiunture economiche” il lavoro, la tranquillità, la rappresentanza dei lavoratori, ma non mi hanno piegato. ”Sei un cretino – mi dicono - hai fatto un accordo che garantisce tutti prima di te” e non si accorgono di avermi fatto il complimento più bello. 79 giorni dopo, mi alzo, guardo la mia compagna, la bacio, prendo le chiavi dal comodino ed esco a cercare lavoro. Con un grande senso d’angoscia, ma con la certezza di poter guardare negli occhi tutti, 78 giorni dopo non ho più un lavoro, ma ho ritrovato negli occhi dei miei colleghi speranza e non ho tradito la mia dignità di uomo, per ora mi basta questo.
Leggi AdEst
http://gaetanoalessi.blogspot.com/Grazie a Andrea Carrà e Sonia Savilla
ed alla "resistenza" della mia Ex squadra
Ed a mio Nonno...ovunque tu sia.
5 commenti:
Ciao gaetano, grazie per questo tuo bell'articolo. Anche io sono fino a dicembre in cassa integrazione e a tutti quelli, certo non con cattiveria, che mi dicono "Che culo, ti puoi riposare" vorrei dire..sì..ma come vivo?
Hai ragione su tutto.
In bocca al lupo
angela
A quella parte di persone che ancora si sentono, o si definiscono, "normali", parrà infantile, immaturo, offrirti tutta la solidarietà di cui sono capace. Son la prima a considerarlo un atto riduttivo e vorrei che potessimo reagire e combattere contro questo muro. L'indifferenza,o in alcuni casi, il giudizio della società perbenista che ancora si immola alla rigida osservanza alle regole di questo sistema anti democartico, mi ha più volte ferito. Mi ha spogliato della mia dignità di persona incapace di provvedere alla propria sussistenza. Nel mio caso unica scriminante essere donna.
Forza
Mi'
Ciao Gaetano purtroppo ho vissuto anch io il tuo dramma poco lavoro sono stato costretto a licenziarmi a 58 anni vinto dalla disperazione ho trovato in un supermercato e dalla padella alla brace il punto di vendita ha chiuso dei propietari nessuna traccia cosi ho perso stipendi arretrati tfr ecc prma chiudere l attivita blitz della finanza nessuno in regola Cosi mi sono trovato in mezzo a una strada con 367 euro al mese .sono stato un anno in queste codizioni Quando allo streno della disperazione ho trovato a tempo determinato adesso va meglio ma ???? comunque e stato piu di un drammma e condivido i tuoi pensieri forza gaetano non mollare ciao SILVANO
ciao gaetano mi chiamo salvo non sò se ti è di aiuto ma io sn stato in cassa integrazione in deroga fino al 12 di settembre senza prendere una lira per i mesi di luglio e agosto e ce li hanno dato a settembre (l’inps) sono rientrato a lavoro ma le cose vanno peggio di prima dal prossimo anno sappiamo già da adesso che abbiamo 90 giorni di cassa e da gennaio ci defalcano 4 ore a settimana senza retribuiti e dal 1 gennaio e tutti i festivi ci mettono inc assa integrazione ..tutto questo grazie alla gelmini… lavoro come ex LSU nelle scuole lavoro partime al 87% e non ho futuro nessun futuro ho solo la speranza che cambianto governo cambiano le cose anche per noi.. a 45 anni chi mi prende a lavorare? e ai miei figli ne ho 2 piccoli che dico oggi non si mangia? spero sempre in un miracolo… ciao e auguri gaetano e fatti forza :))
ciao da salvo
il tuo dramma è anche il mio... Dal 1 di settembre in cassa integrazione e per il momento i giorni trascorrono nella speranza che la burocrazia faccia il suo corso e che arrivi almeno quello che io chiamo carità. Non voglio la carità, rivoglio il mio lavoro che per un errore del Ministero della Giustizia non ho più. Prima lottavo per ottenere i diritti basilari riportati sul mio contratto di lavoro, oggi lotto per riuscire a raccogliere la voglia di muovere un passo dietro l'altro... Al contrario di ciò accade a te, a me non va neanche di alzarmi dal letto la mattina, perchè questo significa incontrare il padrone di casa, il mio vicino, l'edicolante... nessuno dice niente, ma sai che si fanno delle domande a vederti tutto il giorno in giro, quando invece prima era un'occasione rara incontrarsi. E mentre aspetti la carità fai i conti col tuo conto in banca... se prelevo i soldi con la carta di credito me li addebiteranno sul conto il mese prossimo, che forse arriva qualcosa, ma 'sti stronzi mi addebitano 10 euro per ogni prelievo di contante... E prima o poi ti tocca dire a qualcuno che "no, non va bene niente, hai bisogno di aiuto"... Va beh, un abbraccio.
Laura
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