domenica 4 marzo 2012

Amministrazione Cuffaro: Game Over

Di Paolo Vizzì

Fu così . . . che assistemmo al crollo di un impero. Le fondamenta erano solide, anzi solidissime e fatte di clientes, di posti di lavoro promessi, di incarichi inutili e moltiplicazione di poltrone, di incontri nei retrobottega e di tariffe gonfiate, di amici degli amici e di pacche sulle spalle. Questo era il cuffarismo, la declinazione sicula della politica democristiana che creava il bisogno, per poi artatamente e parzialmente soddisfarlo, generando quell’attesa che è l’essenza stessa del clientelismo elevato a sistema. Questo è stato il luogo della nascita politica delle giovani leve cuffariane, la ludoteca della loro infanzia, il parco giochi della loro fanciullezza e la piazzetta della loro adolescenza. Il senso di onnipotenza permeava ogni istante della loro esistenza creando in loro la falsa consapevolezza di poter dominare ogni evento, di poter controllare ognuno dei gangli vitali della società e dell’economia siciliana elevandosi di fatto al rango di semidei. Nulla quindi gli era precluso, nessuna ambizione rappresentava più un’utopia, nessuna azione rimaneva priva di una giustificazione politica per quanto risibile e farsesca questa potesse essere. Ed allora perché non prendersi pure la poltrona di sindaco a Raffadali? Detto-fatto, si mettono in piedi 9 liste scientificamente costruite sotto una regia unica in grado di spostare come pedine i candidati da una parte all’altra per realizzare l’obiettivo finale: almeno un eletto ogni lista. Obiettivo centrato. Solo l’MPA rimase fuori!? Silvio Cuffaro è eletto Sindaco di Raffadali, la sua magioranza conta 15 consiglieri su 20 ed il sistema, dal suo punto di vista, funziona alla grande. Ma c’è un però, la luce di cui brilla il sindaco è purtroppo riflessa, gli equilibri politici che reggono la sua maggioranza hanno il fulcro a Palermo, le strategie non sono da lui determinate, ma soltanto interpretate. Caduto il Presidente, il declino diventa repentino ed inevitabile, gli amici di una volta annusano l’aria e cambiano cavallo rendendo palese la cruda verità: senza Totò, il politico Silvio è un’arma spuntata. La maggioranza in consiglio si sfalda, perde pezzi e le ambizioni di ognuno prendono il sopravvento dopo essere state dominate dall’immensa forza che ha rappresentato il Cuffaro presidente. Il sindaco è solo, smonta e rimonta la sua giunta come fosse un castello di carte costruito su un aereo al decollo, annaspa raccattando gli scarti di qualche pezzo di centrosinistra buono solo a mettersi in doppiopetto con tanto di fascia tricolore cucita alla canottiera. Difende l’indifendibile anche dopo aver permesso alla socità concessionaria della riscossione dei tributi (AeG) di vessare i cittadini con una valanga di bollette pazze nate soltanto dalla voglia di intascare le enormi percentuali riconosciute dal contratto. Altro che buon padre di famiglia, siamo di fronte alla totale incapacità di prendere questi tizi per le orecchie, prima dell’emissione delle bollette, e dirgli che nulla deve essere chiesto ai suoi cittadini senza che questo sia inequivocabilmente dovuto. Invece no! Il pellegrinaggio verso la sede di questi signori è incessante ed a prova della loro incapacità(???) quasi tutti hanno avuto riconosciuto un errore nella formulazione della bolletta. E se ci avesse pensato prima? Gli esempi di inadeguazezza politica potrebbero moltiplicarsi senza fine, altro che le opere sbandierate come frutto della sua amministrazione. Che fine hanno fatto il PRG del Tromb..ino, la casa di riposo del Ferrauto, la piazzetta Europa, il centro storico (transennato in ogni dove per i crolli a ripetizione), il Villaggio chiuso da anni, il mercato spostato per prova e rimasto dov'era, il Manzoni che marcisce, L'estate Raffadalese che parte ogni anno in autunno, il primo Maggio elevato a guerra partigiana e tante, tante altre cosine del genere? Cinque anni di amministrazione assolutamente deludente e, senza ombrelli palermitani, vaso de coccio tra vasi de fero. Pensi il sindaco alla propria coalizione ed al proprio fallimento invece di guardare in casa altrui.

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