domenica 7 ottobre 2012

AdEst intervista Mimmo Galletto - Il teatro, la parola, la poesia, la gente.


di Maria Gazzitano

Uno straordinario scrittore, attore e regista di teatro ma soprattutto un uomo di grande umanità: Mimmo Galletto. Il giorno prima del suo spettacolo al Villaggio della Gioventù, che è stato apprezzato moltissimo dal pubblico raffadalese, egli ha raccontato ad AdEst, del suo grande amore per il teatro, per Raffadali e per i suoi abitanti.

Quando e come è nato il suo amore per il teatro?
Il mio amore per il teatro è nato tanto tempo fa, dal desiderio di far cessare lo spettatore di essere tale per farlo diventare protagonista della storia da me raccontata. Il mio teatro, infatti, affonda le sue radici in una narrazione che è a volte drammatica, a volte umoristica, ma pur sempre realistica. Tutto ciò l’ho fatto utilizzando un linguaggio diretto, ricchissimo di immagini, modi di dire, frasi fatte, proverbi tipici della lingua della civiltà contadina raffadalese. Il mio teatro ha, in questo modo, creato un’aspettativa per la quale molti raffadalesi venivano a vedere i miei lavori per riconoscersi. I miei compaesani hanno apprezzato a tal punto la mia arte da posteggiare le macchine dal Voltano sino oltre il Modaccamo per venire a vedere i miei lavori, tutto ciò mi inorgoglisce tantissimo e mi fa sentire un raffadalese tra i raffadalesi.
Cosa prova a ritornare, dopo tanto tempo, a recitare sul palco del Villaggio della Gioventù?
Io ci ritorno perché amo recitare, amo regalare un sorriso alla gente, ma c’è tanta malinconia. Diceva Balzac che la nostalgia è il sentimento del corpo. Si prova tanta nostalgia nel ritornare in luogo in cui sono stati vissuti momenti felici quando nel ritornarvi si ha la consapevolezza che quella stessa felicità non potrà più esserci. Io provo una grande nostalgia nel ritornare al Villaggio della Gioventù perché insieme alla moltitudine di gente che mi abbraccia idealmente con il proprio sorriso mi mancano molte persone.
Che consigli darebbe alle istituzioni comunali?
Penso che i raffadalesi siano ancora una volta diventati protagonisti della loro storia, poiché si sono riappropriati della meravigliosa struttura del Villaggio della Gioventù. Io spero che sia portato avanti dalle istituzioni comunali un progetto che sia il più positivo possibile per il Villaggio della Gioventù, il quale non è soltanto un luogo di divertimento, ma un luogo di cultura, di socializzazione e di aggregazione. Esso è un luogo straordinariamente ricco di proposte e rappresenta un ritorno di immagine incredibile per Raffadali, che potrebbe di nuovo diventare un punto di riferimento ludico e culturale per i paesi limitrofi. Inoltre, vorrei suggerire all’amministrazione di occuparsi dei ragazzi e dei bambini. Se essi sono impegnati in attività organizzate dal comune anche le rispettive famiglie saranno impegnate. Quando i genitori vedono i propri figli e sé stessi essere protagonisti di un momento particolare, che uno spettacolo o una qualsiasi altra attività di socializzazione possono offrire, allora quello diventa un momento coagulante della società, un momento in cui tutta la comunità raffadalese si riconosce come tale, un momento che fa bene a tutti perché ormai siamo diventati degli orsi chiusi in una spaventosa solitudine. Il compito del comune è quello di divenire una sorta di pater familias nei riguardi di questi giovani e di indirizzarli verso attività in cui ogni ragazzo possa sentirsi protagonista e artefice della propria esistenza. Io suggerirei alla gente che si occupa dei giovani di non essere sussiegosa, di non prendersi troppo sul serio. I giovani non hanno bisogno di maestri, anzi li fuggono. Essi hanno bisogno di compagni di viaggio. Non bisogna dare ai giovani delle illusioni, ma la voglia e i mezzi di creare con le loro mani il loro futuro.

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ringraziamo per la foto Gianfranco Galvano

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